Il pop insolito e intelligente dei Metronomy brilla in Love Letters.
E’ difficile definire il genere che contraddistingue questa eccentrica band inglese giunta al quarto album in studio e che ha conosciuto un apice indiscusso con The English Riviera. I Metronomy provano ancora a sperimentare cercando di dare un respiro più ampio all’elettro-pop che ha caratterizzato i primi album della loro carriera, iniziata nei club di Totnes nel 1999. Love Letters è un disco piacevolmente impegnativo dove trovano un’adeguata collocazione atmosfere strampalate, costruite attraverso una sapiente miscela di sintetizzatori e strumenti classici. Chitarre acustiche, fiati e perfino un clavicembalo (nell’introduzione di Monstrous) sembrano in totale sintonia in un contesto indie-rock dove il risultato finale è costituito da dieci brani gradevoli e ammiccanti quanto basta. Love Letters si apre con due singoli che ne hanno anticipato l’uscita ufficiale: The Upsetter e I’m Aquarius, ottimi biglietti da visita.
Il resto è una piacevole esperienza in territori poco esplorati, per cui ecco lo stupore è la sensazione che pervade l’ascoltatore per tutta la durata. L’unico momento in cui si ha la rassicurante sensazione di essere in un ambito conosciuto con i Metronomy si trova nella title track, Love Letters, una “canzone” particolarmente azzeccata, vagamente retrò e con un ritornello irresistibile.
8/10