di Antonio Vivaldi
Jamie Lee, cantante dei MONEY, ha autorecensito Suicide Songs con queste parole: “Volevo che l’album suonasse come ‘qualcosa che arriva dalla morte’; perché è così che sono nate queste canzoni. Il disco è morboso, cupo e senza vie d’uscita. L’unico vero scatto in avanti, o qualcosa del genere, sta nella capacità di esprimere la morbosità della situazione entro cui mi sono trovato.” Wow!
Quasi tre anni dopo l’opera prima The Shadow Of Heaven e un lungo periodo di alcol e litigi, il trio di Manchester è riuscito a ricomporsi quanto basta per tirare ancora una volta le fila del proprio male di vivere. Si tratta di un modo d’essere molto legato a una città piovosa per default e a quell’arte tutta inglese della deprivazione urbana che, dal teatro degli Angry Young Men al cinema di Ken Loach fino alle invettive soniche degli Sleaford Mods, ha affascinato tutti coloro che in simili disastri urbani e umani hanno la fortuna di non vivere e non ubriacarsi di birra tiepida.
httpv://www.youtube.com/watch?v=x6ftHvK7KnI
I’ll Be The Night
Considerate le premesse, il titolo e la copertina (che fa soprattutto ridere, però), Suicide Songs è un disco nemmeno troppo deprimente. Si articola in una serie di ballatone che sono sì poco allegre, ma fanno buon uso di una produzione in grado di trovare sempre i suoni giusti per espandersi in un pathos solenne e sbilenco dove il melodramma dei Verve si mischia alla stupefazione degli Spiritualized e al folk da pub dei Pogues. Non sono pezzi da cantare in coro ai concerti, eppure creano un senso di comunità di anime (abbastanza) belle e perdute che è alla fine consolatorio. Alla fine c’è anche il titolo più memorabile: A Cocaine Christmas And An Alcoholic’s New Year. Appuntamento al primo gennaio dell’anno prossimo per un ascoltone collettivo.
7,5/10
httpv://www.youtube.com/watch?v=OecJg2lav34
A Cocaine Christmas And An Alcoholic’s New Year (live)
