di Antonio Vivaldi
Il piglio drammatico-naturale è quello che da sempre rende riconoscibili gli Okkervil River e che, nei momenti migliori, dà vita a brani ricchi di pathos senza essere ridondanti, torrenziali senza essere prolissi (o prolissi solo nel titolo, v. The Velocity Of Saul At The Time Of His Confession). Come per i calciatori di corporatura massiccia, questo tipo di approccio richiede una forma sonica perfetta; in caso contrario entrano presto in scena il fiato grosso e la fatica dell’ascolto. Ed è quanto accade nel nuovo disco del gruppo di Will Sheff. Le premesse sono notevoli: un album a tema dedicato alla città natale di Sheff, Meriden ( New Hampshire), e all’adolescenza inevitabilmente problematica dell’artista. Si tratta di un vero e proprio ‘gioco del ricordo’, visto che la confezione del cd include una piantina della città con indicati i luoghi in cui ogni canzone è ambientata (per i più digitali c’è anche la versione ‘adventure game’). Ottimo è anche l’inizio. L’uso di tastiere da rock radiofonico anni ’80 è, una volta tanto, giustificato dal contesto e riesce a essere evocativo più che revival-modaiolo. On The Balcony è commovente per quanto cerca di essere frivola nei cori, mentre Down, Down The Deep River è springsteeniana alla Born In The Usa, ma con un’introversione che le canzoni di quel disco non avevano. Dopo la soul ballad atipica Pink-Slips tutto inizia un po’ a spegnersi e spesso le premesse d’intensità della strofa diventano frasi banali nel ritornello. Magari è sol un problema di approccio e occorre scavare un po’ di più nei brani per coglierne il fascino (ad esempio, dopo qualche ascolto White migliora moltissimo), come d’altronde era accaduto con dischi quali The Stand Ins e The Stage Names. Recensione da aggiornare fra qualche tempo, forse.
6,9/10
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Okkervil River – It Was Our Season