Peter Doherty Hamburg Demonstrations Recensione
Peter Doherty Hamburg Demonstrations Recensione
BMG – 2016

Personaggio controverso, amatissimo dai fans e, simmetricamente, detestato e vezzeggiato, allo stesso tempo, dalla stampa, Peter Doherty è sempre difficile da approcciare e da valutare. Per questa ragione, ogni sua nuova apparizione pubblica come ogni suo nuovo lavoro rischia di essere sovraesposto e passato sotto una lente di ingrandimento esageratamente severa e impietosa. E’ il caso delle sue ultime due esibizioni al Bataclan, il 15 e 16 novembre scorsi. E a maggior ragione è il caso del suo ultimo album, Hamburg Demonstrations.

L’atteso ritorno di Peter Doherty

A un primo ascolto l’album, 11 tracce che si dipanano per una quarantina di minuti scarsi, rientra certamente nello stile e nelle corde di Pete. Con un sound che facilmente  rimanda alle migliori produzioni dell’ex enfant prodige britannico. Niente di trascendentale, né di particolarmente innovativo, ma un lavoro onesto e gradevole. Veniamo alle singole tracce nel dettaglio.

L’album si apre sulle note di Kolly Kieber. Che rimanda alle sonorità di Anthems For The Doomed Youth, l’atteso ritorno dei Libertines, nel 2015. Chitarra in primo piano a mettere in luce le liriche sempre brillanti di Doherty cui certamente non fa difetto una eccellente penna. Le strofe in inglese si alternano a quelle in tedesco, onorando in questo modo il titolo dell’album, Hamburg Demonstration, registrato per l’appunto ad Amburgo.

Uno degli episodi migliori, Down for the Outing, si caratterizza per il ritmo cadenzato come una marcia e per un testo surreale e sfolgorante, nella migliore tradizione di Doherty:

“Ah, oh can ya teach that she was saved/ Fools of Britania raped by all the slaves/ Raped by all the slaves/ Sorry Dad for the good times that I had / They made me look so bad /Sorry mum /I’m sorry for the good things that I’ve done /It gave you hope when there was none”.

Hamburg Demonstrations riesce meglio dov’è più personale

Primo singolo estratto dall’album e pubblicato assieme a un video promozionale, I Don’t Love Anyone (But You’re Not Just Anyone) è ben costruito e accattivante. Ripreso poco più avanti  in una versione lenta e cupa che mette in luce il testo e la voce di Pete, grazie all’apporto degli archi che si mescolano alla chitarra.

Brano che allude agli attacchi terroristici in Francia, patria elettiva di Doherty, Hell To Pay At The Gates Heaven, nonostante le buone intenzioni è forse proprio il passaggio più debole e retorico, sia a livello musicale che testuale.

Artista fragile e completamente avvolto nella propria bolla, Doherty dà il meglio di sé quando dipinge con grazia il suo universo poetico. Ed è quindi in tracce come Oily Boker o She Is Far che emerge in pieno il suo talento. Avendo avuto modo di vederlo in primavera con i Libertines, posso confermare che il nostro è in buona forma. Attendiamo dunque di ritrovarlo presto in tour da solo o con l’amico Barat.

Peter Doherty - Hamburg Demonstations
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Milanese trapiantata a Parigi, fra filosofia e diritto, le mie giornate sono scandite dalla musica. Amo la Francia, il mare e il jazz. I miei gruppo preferiti ? I Beatles, i Radiohead, gli Interpol e gli Strokes.

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