di Fausto Meirana
Phil(ip) Selway, il batterista dei Radiohead, giunge con questo disco alla seconda prova solista dopo il sorprendente Familial del 2010, per il quale, complice la veste cantautoriale e la scrittura malinconica, si scomodarono paragoni importanti (e azzardati) come quello con Nick Drake. In Weatherhouse, al contrario, il batterista investe molto nell’elettronica e nelle atmosfere, dense ed oscure, ma i brani, meno originali, risentono maggiormente dell’influenza del gruppo, o meglio, della sua componente meno ‘complicata’ e avventurosa. La bella Ghosts, per esempio, ha un incipit con il marchio di fabbrica Radiohead e potrebbe tranquillamente adattarsi alle corde vocali di Thom Yorke (o viceversa), ma si tratta comunque di un episodio isolato e ampiamente giustificabile. Altre nobili influenze, meno dirette, appaiono qua e là, come nel pastiche beatles-floydiano di It Will End In Tears, generando un disco piacevole senza essere banale, con la voce un po’ algida di Selway che si ritaglia un convincente ruolo da leader, da spendere, magari, durante le numerose pause di riflessione della ditta principale. È un peccato, quindi, che l’uscita quasi contemporanea e improvvisa del nuovo disco di Thom Yorke, Tomorrow’s Modern Boxes (https://www.tomtomrock.it/recensioni/550-thom-yorke-tomorrow-s-modern-boxes-download-2014.html), appaia quasi uno sgambetto nei confronti del compagno di gruppo.
7,3/10
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Philip Selway – It Will End In Tears