Dopo un lungo silenzio, il ritorno di Amen Dunes si intitola Death Jokes.
Damon McMahon, conosciuto come Amen Dunes, continua la sua avventura sonora con Death Jokes, un album che sfida le classificazioni tradizionali e invita gli ascoltatori in un mondo sonoro ricco di dissonanze e armonie. Conosciuto per i suoi temi esistenzialisti e il suo approccio sperimentale, McMahon esplora ulteriormente i temi dell’identità, dell’isolamento e della ricerca di connessione in un mondo tumultuoso.
Damon McMahon scegli una via difficile
Dalla pubblicazione del suo ultimo album Freedom nel 2018, McMahon ha attraversato un periodo con alti e bassi, segnato dalla pandemia e dall’aver contratto il virus in forma non lieva, ma anche dall’arrivo del suo primo figlio. Queste esperienze personali hanno profondamente influenzato Death Jokes, un album che segna un ritorno alla sperimentazione astratta dei suoi primi lavori. Non so se la Sub Pop, che l’ha preso in scuderia dopo il buon successo di Freedom in ambito indie, si attendesse un’espansione del suono nelle direioni accennate, ma di sicura di ritrova con qualcosa di molto diverso.
McMahon ha assunto la maggior parte dei compiti strumentali, esplorando per la prima volta la musica elettronica, un genere che ha sempre amato. L’album è arricchito da campionamenti e loop di batteria programmata, e al contrario del precedente ha un marcato senso di claustrofobia.
Un disco al di là dei generi
L’album inizia con intricati collage sonori e campioni che creano un’atmosfera di incertezza e scoperta. Nella conclusiva Poor Cops prenderanno il sopravvento su tutto: rumori e spezzoni di stand up comedians come Lenny Bruce e Richard Pryor. La voce ipnotica di McMahon accompagna attraverso narrazioni intense, come la storia della morte di Annie per overdose narrata in Rugby Child. Le canzoni spaziano dalla vulnerabilità introspezione acustica di Mary Anne alla solennità di Exodus (Vieni E affrontalo E vivi nell’amore Dici che la vita è dura Beh, almeno tu pensi che lo sia Ma è uno scherzo Un giorno la perdiamo Quindi usala): entrambi fra i momenti migliori del disco. Round the World incapsula questa dualità, fondendo registrazioni di proteste con riflessioni esistenzialiste per oltre nove minuti.
Death Jokes non è il disco più facile di Amen Dunes. A tratti sembra perdersi in sonorità oscure, a tratti si vorrebbe qualche cambio di ritmo. Allo stesso tempo, è un disco che riesce a comunicare e a catturare l’attenzione dell’ascoltatore. Soprattutto, è un disco completamente al di là dei generi, personale, affascinante anche se non immediatamente accessibile.
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