Yours Until The War Is Over: torna il folk oscuro di Amigo The Devil.
Recensendo Born Against, secondo album di Danny Kiranos/Amigo The Devil, si era detto che nel mondo oscuro del peripatetico artista (al momento residente in Texas) e nel suo “murderfolk”, si erano aperti squarci di luce. Squarci un po’ lividi alla El Greco, ma pur sempre di luce si trattava, quantomeno come capacità di gestire la fatica Ie la follia) del vivere. Con Yours Until The War Is Over (Liars Club/Regime Music Group) la situazione pare essersi di nuovo complicata. In effetti la copertina ‘baconiana’ dà l’idea di un pervasivo malessere, idea a cui contribuisce anche il titolo.
Yours Until The War Is Over, un titolo che dice molto sullo spirito del disco
“Tua sino alla fine della guerra” era la frase con cui l’infermiera Agnes von Kurowsky concludeva le sue lettere a Ernest Hemingway, conosciuto nel 1918 all’ospedale militare di Milano. Considerando che Agnes mantenne fede al proponimento lasciando col cuore a pezzi (e pure la gamba non stava bene) il giovane scrittore, viene da pensare che la vita vista da Danny/Amigo regali ancora una volta poca allegria. Questo sia che si parli di relazioni (The Mechanic e l’amore finito) o di divertimenti serali (la rapina finita male di Once Upon A Time at Texaco pt. 1). E se si vuole trovare una sorta di filosofia morale ecco il ritornello di Cannibal Within: “Tutte le parti che odiamo coinciano a sommarsi/ Finché non ci ritroviamo con più rimpianti che sangue/ E nel momento in cui non riconosciamo più la persona dentro la nostra pelle/ Stiamo perdendo la battaglia, Mangiati vivi dal cannibale che abbiamo dentro”. C’è comunque molta articolazione, molta forza visiva e anche qualche tocco di umor nero nei testi di queste canzoni, come a dire che siamo lontani dal miserabilismo di grana grossa di Oliver Anthony e simili.
Amigo The Devil: non solo folk
La stessa capacità di articolazione è percepibile nelle musiche. Potremmo parlare di suono folk-noir quasi arcano (specie quando è protagonista il banjo), così come certi spigoli ricordano i trascorsi hardcore dell’artista. Tutto questo sarebbe solo interessante e, volendo, già ascoltato se non fosse messo al servizio di una scrittura avvolgente, intensa e varia, capace di passare da inni da taverna esisenzialista (quasi alla Tom Waits come It’s All Gone) allo struggimento coheniano di Virtue and Vitriol. Forse c’è meno incisività rispetto a Born Against e anche al primo album Everything Is Fine o forse è solo che si prova ogni volta un certo disagio entrare nel mondo di Amigo The Devil. Poi però si capisce che quel mondo è un po’ anche il nostro (solo un po’, per fortuna),
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