La collaborazione fra Angélique Kidjo & Ibrahim Maalouf si intitola Queen Of Sheba.
Il nome della beninense Angélique Kidjo è probabilmente il più famoso in Occidente fra le cantanti africane, non solo per la sua lunga e brillante carriera, ma anche perché questa si è svolta con base prevalentemente a Parigi e si è aperta a moltissime collaborazioni con musicisti jazz, rock e pop da Peter Gabriel a Santana e Marsalis fino alla nostra Carmen Consoli. Inoltre si è confrontata con vari generi musicali dalla musica brasiliana e caraibica al blues e ha pubblicato un album come Remain In Light By Talking Heads in cui ha riletto il disco della band americana e Celia in cui ha reso omaggio alla cubana Celia Cruz. Queste poche note su una carriera iniziata nel 1979, ne mostrano il carattere eclettico e la voglia di sperimentare sempre nuovi percorsi artistici. Ora è la volta di una collaborazione col trombettista franco-libanese Ibrahim Maaluf a cui si devono le composizioni di Queen Of Sheba (Mi’ster), mentre i testi di questa suite in sette movimenti sono della stessa Kidjo.
Omaggio alla Regina di Saba
Il disco è dedicato alla figura della Regina di Saba, che compare nei testi sacri delle tre religioni monoteiste e in numerose culture dall’etiope alla yemenita. Saba partè dal Corno d’Africa per porre al re Salomone sette quesiti che ne avrebbero verificato la sua fama di uomo saggio. A ognuno di questi enigmi è dedicato un brano. La rilettura del mito che ne fa la Kidjo da un lato le consente di continuare la sua riflessione sul ruolo e l’importanza della figura femminile, e dall’altro inquadrare l’incontro fra Salomone e Saba come un importante momento di intreccio e fecondo rapporto fra culture e popoli diversi., la musica diventa così un messaggio di pace e solidarietà.
La voce di Angélique Kidjo e la tromba di Ibrahim Maalouf si intrecciano in Queen Of Sheba
Se i protagonisti principali del suono di Queen Of Sheba sono la straordinaria voce di Angelique Kidjo e la tromba di Ibrahim Maaluf, alle registrazioni hanno contribuito una sessantina di musicisti, archi, fiati, piano, chitarre, basso, percussioni e coro, contribuendo a un suono molto ricco e variegato. La suite si apre con la scoppiettante Ahan (La lingua) caratterizzata da trascinanti poliritmi e dall’inseguirsi di tromba e voce. La successiva Eyin (L’uovo) sposa ritmi sempre più infuocati con le linee melodiche mediorientali della tromba e lo stile vocale prettamente africano col botta e risposta fra solista e coro. Con Omyie (Lacrime) i toni si fanno più intimisti, dapprima solo voce e piano, poi la tromba entra a sottolinearne il lato malinconico fino al magnifico assolo finale.
I toni del disco
Il disco procede fra momenti più introversi e meditativi (Alikama, Ife) e altri in cui la forza del ritmo e del groove sono prevalenti (Ogbo, Obinrin), mentre l’interplay fra la voce e la tromba mostra sfaccettature sempre diverse che colorano i brani di una grande forza comunicativa e di un ampio spettro emozionale in cui si alternano sentimenti come grinta, debolezza, gioia, orgoglio, fatica, malinconia, fino alla conclusiva Obirin (Donna) in cui si canta della forza e dell’orgoglio della regina di Saba, simbolo delle tenaci e battagliere donne del Sud. Unica perplessità che talvolta mi coglie negli ultimi lavori dell’artista africana è che certe asperità vengano smussate per venire incontro maggiormente al gusto più orientato verso il pop del pubblico occidentale.
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