Istanbul Soklalari è l’atto d’amore dei Baba Zula per la loro città.
Le strade di Istanbul, è questo tradotto il titolo del nuovo album dei veterani della psichedelia turca Baba Zula, giunti ormai alla soglia dei trent’anni di carriera. La band fondata dal suonatore di saz elettrificato Murat Ertel e dal polistrumentista Levent Akman da qualche anno si è fatta conoscere anche in Occidente soprattutto grazie alla compilation XX della Glitterbeat e alla partecipazione di Ertel nei Dirtmusic di Chris Eckman e Hugo Race. La loro è una rivisitazione in chiave rock e psichedelica della musica turca tradizionale e del rock anatolico con innesti di elettronica e dub (a un loro album ha collaborato Mad Professor). Esplosivi poi i loro live, fra coloratissimi. bizzarri e pirateschi costumi, danze del ventre e infuocate jam lisergiche diventano e propri stordenti sabba carnevaleschi e psichedelici.
Un disco dai colori accesi
Istanbul Soklalari ( Glitterbeat) è opera profondamente legata alla loro città: i profumi, i tramonti rosseggianti, i mercati lussureggianti, l’intensa vita di strada, il meticciato etnico e culturale. Ma emergono anche le tensioni politiche, ia tortuosa e tormentata storia politica si riflettono nelle loro canzoni, un aspetto più che mai vivo ed evidente in questo lavoro esplicitamente dedicato a Istanbul. L’album è un atto d’amore verso la città ed è costellato da diverse registrazioni sul campo che ne delineano gli umori e le sensazioni, ma è anche un disco politico ferocemente critico contro la deriva autoritaria della politica turca attuale e non solo, perché come spiega Ertel: “La sfrenata brama di succhiare ogni cellula da tutti gli esseri viventi da parte delle potenti minoranze della classe dirigente e quindi di arricchirsi più velocemente è ovunque nel mondo e sta crescendo sempre di più. I prezzi del cibo e i modi malvagi dei governi e delle corporazioni sono in aumento”.
I brani di Istanbul Soklalari
Il disco si apre con Istanbul Express Divan Taksim, la registrazione di un annuncio d’epoca del treno che da Istanbul arriva a Monaco, improvvisazioni del saz su una serie di suoni di sferraglianti treni. Altri tre sono i taksim, tradizionali improvvisazioni su drone, presenti nel disco: Çarsi Pazar Baglama Taksim, dove il saz si esibisce sulle voci di un mercato popolare; Bosphorus Cura Taksim, fra suoni di sirene, gabbiani, motori che evocano l’onnipresente e incantevole Bosforo e Güze Bahçe Taksimi, su un respiro profondo del synth e il canto degli uccelli, quasi fossimo nel giardino di casa Ertel in momento intimo e raccolto. Questi quattro titoli sono una sorta di originale ambient che ci trasporta, non senza una nota nostalgica, in alcuni dei momenti e dei luoghi amati della città.
Se con i taksim siamo in una dimensione inedita per la band ,che invece conosciamo per le sue scintillanti e vertiginose jam psichedeliche, è nella seconda traccia, Aresiz Saksağan, che parte una jam ossessiva con il canto di Ertel e della moglie Esma che salmodiano fra lo sdegnato e l’angosciato un testo fortemente politico contro la repressione del dissenso, gli arresti di giornalisti e attivisti. Ipnotica e non priva di cupezza la musica si stende su un tappeto di tradizionali percussioni, un ammaliante giro di basso su cui il saz di Ertel crea inquieti riff. Ancor più incalzanti sono gli undici meravigliosi minuti di Yok Haddi Yok Hesabi: qui il saz si distorce ed esplode sul canto rabbioso e urlato di Ertel, le percussioni rotolano incessanti nel loro ritmo crescente, mentre Esma sussurra parole di speranza perché “la gloria cammina nel cielo dei coraggiosi”.
Lo spazio non ci consente di trattare gli altri tre episodi del disco, ma spero di aver almeno in parte dato l’idea del tipo di lavoro che abbiamo davanti, un disco che piacerà agli appassionati di psichedelia, a quelli che amano le contaminazioni dei generi e la reinvenzione della tradizione, a chi ama sorprendersi quando ascolta la musica, a chi ama perdersi nelle stradine dell’incantevole e affascinante Istanbul.
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