La musica dei Balcani si espande con i Balkan Taksim e il loro Disko Telegraf.
Il duo rumeno Balkan Taksim, formato dal polistrumentista Sașa-Liviu Stoianovici e dal produttore elettronico Alin Zăbrăuțeanu arriva all’atteso debutto con Disko Telegraf: un album che unisce elettronica ai suoni della musica e degli strumenti dei Balcani, frutto di una lunga ricerca alla scoperta di brani tradizionali; e che riesce ad appropriarsi della tecnica per suonare strumenti come il ney, la darblouka o il saz.

Quello del duo è un orizzonte che si allarga dalla musica popolare rumena fino alle regioni dell’Anatolia. Non è una proposta etnomusicale, ma la ricerca di una musica che affondando le sue radici sa parlare all’oggi, facendo tesoro del rock anatolico, della psichedelia, dell’IDM, del folk, della canzone pop e perfino dell’hip hop.
Operazione riuscita per il duo
Operazioni del genere non sono infrequenti, ma a volte hanno il difetto di apparire artificiali, la fusione fra tradizione e musiche futuristiche non sempre è felice. Qui invece la miscela funziona con naturalezza. Così per esempio i beat elettronici di Ușak Ekspresi si sposano magnificamente con le distorsioni del saz elettrico, e qui la mente corre agli Altin Gun, con i riverberi di una voce cupa: facile scommettere che questo brano dal vivo scatenerà il pubblico. Disko Telegraf rappresenta davvero un piccolo viaggio musicale in quel crogiolo di terre, popoli, culture che sono i Balcani, si nutre di influenze diverse che rielabora e propone al pubblico di tutto il mondo. Come loro stessi hanno dichiarato si tratta di «una ricerca per informare, educare e intrattenere il pubblico di tutto il mondo sulla psicologia, le radici e i ritmi balcanici».
Le molte influenze di Balkan Taksim – Disko Telegraf
Obiettivo in gran parte raggiunto, nel senso che attraverso le tracce del disco scopriamo diversi aspetti per molti versi poco conosciuti in Occidente della musica balcanica, una musica che ha subito le influenze turche, non dimentichiamo che per secoli queste zone furono sotto il dominio ottomano, e della cultura rom.
Anche qui evidenti nei ritmi saltellanti e nel saz psichedelico di Shlonak o nelle giostre gitane di Foaie Verde. La canzone d’amore, sempre tormentato e infelice, splende nell’andamento ipnotico e malinconico di Žali Zare col ney in evidenza e in Lunca, canzone tradizionale rumena con un arrangiamento influenzato dall’ambient. Perché è nella contaminazione fra tradizione e contemporaneità che il disco trova la sua forza, in quella sorta di blues malato e sordido di sublime suggestione di A Mirelui’, nei nove minuti di trance di Ankara Ekspresi, nell’incrocio fra ritmi balcanici e disco di Meram Ekspresi. Decisamente una bella sorpresa!
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