In tempi d’immobilità Wounds and Blessings è il grande viaggio sonico di Blaine L. Reininger
Il terribile periodo pandemico continua ad imperversare, comunque la si voglia vedere, e i lockdown che nessuno più auspica hanno spinto la creatività degli artisti più meritevoli a non dormire sugli allori fornendo risultati, come in questo caso, impressionanti.
Blaine L.Reininger, lo scrivo per i profani, fu anima, insieme a Steve Brown ed al compianto Peter Principle (senza dimenticare il periodo con Winston Tong), dei Tuxedomoon, combo nato in casa Ralph (quella dei Residents per intenderci) e che fu fautore di opere originalissime e ad alta percentuale intellettuale, coniugando sovente le proprie musiche con performance, opere teatrali e installazioni.
Da qualche tempo trasferitosi in Grecia, Reininger, che ha ormai abbandonato gli iconici baffi, giunge quasi alla fine del 2021 con Wounds and Blessings (Les Disques du Crepuscule). Si tratta di un un album monstre, 28 composizioni suddivise in 4 suite, che non teme nessun confronto con l’empireo passato e che guarda al futuro ancora con l’entusiasmo compositivo di uno scafato neofita dai moltissimi skills a disposizione.
Le suite di Wounds and Blessings
L’album parte con la prima suite, Songs, e con tre canzoni, 100 Sad Fingers, Inhabit The Dunes e Je Retournerai, in cui è impossibile non scorgere un forse inconscio omaggio a Bowie, soprattutto nell’impostazione vocale, e prosegue stemperando la furia new wave di questi brani con una obliqua pop song, Magnetic Flux, tra Eno e Satie. L’atmosfera si dilata ulteriormente con Chemise Grise, tra tappeti sonori a metà strada tra il deserto del Mojave e le luci soffuse di una Berlino under the rain. Tracce di glitch si affacciano in Trials and Tribulation per poi deflagare in una sostenuta progressione post rock. Ritorna la quiete con I Am an Old Poem e si viaggia verso lidi sabbiosi in Goby Life, dove un violino distorto dipana la vista offuscata da lacrime calde. The Days Gone By è elegiaca nel suo incedere e con un sapiente uso del vocoder che la rende blasfema.
La seconda suite, Bricolage, inizia con Roll Of The Edge, tracce sintetiche che lasciano una scia a tratti gabrieliana. Duello è cinematografia per le orecchie, si sposta in territori vicini al cespuglio degli spiriti. Silver Pants sono i Kraftwerk passati al tritacarne, una voce aliena che presto potrebbe essere foriera di segnali dal futuro. Occult Simplicities utilizza un pattern ritmico di antica memoria, siamo di nuovo dalle parti delle voci rubate (sarebbe piaciuta molto a Holger Czukai), mentre Pleyel Harvest è musica del quinto mondo tra suggestioni space age e etnie ancora da scoprire.
La terza suite, Sourced, inizia con One Of Those Things che mi ricorda Laurie Anderson e a questo punto, a metà dell’opera, mi accorgo di quanto sia enciclopedico e, a tratti, hauntologico questo lavoro. Begin Your Day Winny è un tema sinistro, memore dei primordi dei Tuxedos, You’re Lucky è una sinfonietta e Slipstream riporta alla mente la luna in frac con rinnovato fulgore. Newbs Descending A Staircase è persino danzereccia e mancuniana.
L’ultima suite, Serene, parte con Lockdown Blues, che già la dice lunga nel suo pleonastico titolo, e Indra’s Dream che è nuovamente un viaggio senza permesso di soggiorno in lande assolate e fredde notti. Die Ferne Klang poggia su elementi eterei krautiani, mentre Sun Package è musica per sbarchi lunari e non sarebbe sfigurata in Apollo di Eno e Lanois. Unbirthday è ancora viaggio in un ambient soffuso e per nulla scontato, Quarter Teen è purissima poesia dai tocchi struggenti a dimostrazione che per farsi venire la pelle d’oca bastano pochissime note e un sax marziano. Cahiers Noire è piccola ode affidata agli archi, Harvest Moon sfida la notte con, ancora, un violino dolente. La chiusura è affidata al minimalismo coltissimo di Push che lascia l’ascoltatore con l’uroborica necessità di ripartire dall’inizio.
Un lavoro veramente enorme in cui nessuna traccia è riempitiva, un viaggio aurale come, difficilmente di questi tempi, si riesce a compiere. E sempre si possieda la volontà di regalarsi del tempo per sé.
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