Bridget Hayden dalla sperimentazione al folk (cupo) di Cold Blows The Rain.
Fantasmi addolorati, temibili creature marine, guerre in paesi lontani, pubbliche esecuzioni, sorelle e fratelli crudeli (ma anche padri e madri non scherzano), morti violente in abbondanza. Un truce repertorio che verrebbe spontaneo associare a suoni death metal e che invece rappresenta il filo nero di molta musica folk. Per un impeccabile effetto di straniamento si può anzi dire che tali storie risultano più efficaci se a cantarle sono voci femminili che evitano toni sopra le righe, ad esempio quella ineffabile e limpida di Shirley Collins, quella più esistenzialista di Anne Briggs o quella fra emozione e compostezza di June Tabor.
I tre nomi-monumento del folk inglese servono a introdurre Bridget Hayden e il suo Cold Blows The Rain. registrato insieme a un duo (Sam Mcloughlin e Dan Bridgewood) dalla ragione sociale emblematica: The Apparitions.
Hayden ha alle spalle una carriera quasi ventennale in ambito noise-improvvisazione (Vibracathedral Orchestra, Bong, Schisms e molto altro) e anche l’avvicinamento alla musica popolare nel progetto The Folklore Tapes è stato all’insegna della sperimentazione.
L’idea di folk in Cold Blows The Rain
Cold Blows The Rain è un’opera del tutto diversa che si fa avvolgere dal folk oscuro di cui si è detto non solo come repertorio e suoni, ma anche come idea del mondo. Lo compongono otto brani tradizionali di provenienza inglese, irlandese e statunitense, tutti dedicati alle difficoltà nelle relazioni uomo-donna. Abbiamo dunque donne sedotte e abbandonate, un raro caso di maschio lasciato dalla moglie, una coppia separata dalla guerra, il pressante corteggiamento di un uomo ricco a una giovane e bella operaia e ben due fantasmi – uno maschile e uno femminile – che dialogano con i loro inconsolabili partner terreni.
Le narrazioni si dipanano a passo lento e, dato il loro carico emozionale, l’approccio vocale sceglie una modalità quasi cronachistica, da testimone degli eventi. La strumentazione – banjo, harmonium, violino e rari tocchi di synth – è austera ed evocativa di aspre giornate fra dirupi e cime tempestose (le sorelle Brontë vissero ad Haworth, nel West Yorkshire, non lontano da Todmorden dove il disco è stato registrato).
Un disco non facile per Bridget Hayden
Il proposito della musicista e dei suoi compagni sembra dunque essere quello di mettere in musica una dolorosa ineluttabilità quale cifra principale dei destini umani, non sotto forma di tragedia (niente murder ballads di sicuro effetto drammatico), bensì di triste normalità. E il sottotesto potrebbe essere: non pensate che, trattandosi di storie ‘vecchie’ non possano più ripetersi, anzi.
Ciò detto, risulta evidente come Cold Blows The Rain non sia in buoni rapporti con il facile ascolto, più o meno come una vacanza in febbraio nella brughiera non sarà mai a rischio di overtourism. Un paragone può essere, oltreché con gli album degli improbabilmente popolari Lankum, con certi whisky molto torbati che subito risultano ospiti sgraditi al palato salvo poi confortare proprio per la loro sana asprezza.
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