A un solo anno di distanza da African Giant, Burna Boy torna con Twice As Tall.
La scorsa estate celebravo l’uscita di African Giant, album dell’affermazione internazionale di Burna Boy, come eccellente prodotto del nuovo afrobeat declinato in versione pop. L’artista nigeriano ha dunque pensato di fare in fretta a dare un seguito al successo registrato dove conta di più, fra America e Regno Unito, e giusto un anno dopo esce con Twice As Tall. Come in molti altri casi durante questo 2020 per il disco era prevista una promozione internazionale, purtroppo annullata a causa della pandemia.
La produzione del nuovo disco
‘Squadra che vince non si cambia’, recita il noto detto, e in apparenza questo è vero anche per il Burna Boy di Twice As Tall. Il nuovo disco ha lo stesso suono del precedente: afrobeat nella tradizione nigeriana, ma aggiornato ai gusti contemporanei, dunque con forti dosi di dancehall, r’n’b e – non molto – hip-hop. Il ritmo soprattutto uniforma ogni stile interpretato da Burna Boy rinviando immediatamente all’Africa centrale; e poi ovviamente la sua voce suadente che mescola inglese, pidgin e yoruba. Però, a ben guardare, non è proprio così. Rispetto ad African Giant, Twice As Tall cambia notevolmente il settore della produzione. Nel precedente era affidata prevalentemente all’ottimo Kel-P, che qui è completamente assente e il risultato ne soffre: se lo stile rimane lo stesso, non si può dire altrettanto per la qualità delle composizioni, più anonime rispetto alle precedenti.
Ci sono buoni momenti anche in Twice As Tall: PJ2, che aveva firmato la splendida Anybody su African Giant, compone insieme a un redivivo Diddy il brano migliore del disco, ossia Alarm Clock. In effetti la lista dei produttori registra una certa presenza di americani: oltre Diddy, nei credits appaiono Timbaland, Mike Dean, Mario Winans che mi paiono fare un lavoro soprattutto di emulazione rispetto ai beats sui quali si esibiva in precedenza Burna Boy.
Su Twice As Tall, Burna Boy promuove i diritti dell’Africa
Pregevole l’impegno di denuncia dei guasti del colonialismo e del capitalismo internazionale in Africa che emerge in alcuni momenti. Per esempio in Monsters You Made, con un’intro che riprende Fela Kuti e un outro dell’attivista Ama Ata Aidoo, che dice: “Since we met your people five hundred years ago / Look at us, we have given everything / You are still taking / In exchange for that, we have got nothing / Nothing”. Insomma Burna Boy è sempre bravo nel mescolare pop e istanze di rivendicazione sociale e culturale, però a Twice As Tall manca qualcosa per brillare come il precedente. È ancora il Gigante Africano, la principale star africana fuori dal continente, ma proprio per questo la fretta di cementare lo status non dovrebbe prevalere sulla qualità della proposta.
Be the first to leave a review.