Screen Violence: i Chvrches fra ovvietà  e (qualche) novità.

Chvrches - Screen Violence
Beat Records

L’esordio del 2013 aveva fatto ben sperare per i Chvrches  che vantavano un curriculum breve ma degno di nota: non succede a tutti di fare da spalla ai Depeche Mode. L’album in questione era The Bones Of What You Believe e l’allora neonato gruppo scozzese sembrava candidarsi a next big thing del brit pop. Le carte in regola c’erano, il disco non era un capolavoro, ma stampa e pubblico avevano ben accolto il sound fresco, anche se non innovativo, della nuova proposta. Si auspicava una crescita.

Gli album successivi, Every Open Eye e Love Is Dead, a sorpresa, avevano mostrato una band sin troppo presto seduta sugli allori e senza la minima voglia di osare più di quanto prodotto alle origini. Il pop leggero e giovanilistico ristagnava senza guizzi canzone dopo canzone. Si poteva immaginare che neppure gli estimatori più accaniti riuscissero  a ricordare un pezzo forte e, anzi, i più accorti lamentavano un “effetto eurovision” troppo spesso in agguato.  Il successo commerciale restava comunque indiscutbile.

Screen Violence: qualcosa è cambiato nei Chvrches?

La risposta è: si, in parte. L’ultima fatica dei Chvrches è un album scritto durante il lockdown con due membri bloccati negli States, quindi concepito a distanza. Senz’altro sono cambiate le tematiche dei testi. Abbandonati, per fortuna, i turbamenti amorosi tardo-adolescenziali, Screen Violence parla, appunto, di violenza, inquietudini, emarginazione e paranoie che scorrono sui vari “schermi” citati nel titolo. Forse a questa svolta non sono estranee le minacce di stupro e morte ricevute nel 2019, dopo che i nostri si erano espressi apertamente contro Chris Brown per l’episodio di violenza nei confronti di Rihanna. Di fatto, almeno per quanto riguarda i contenuti, sì, qualcosa è cambiato.

Musica leggera anzi leggerissima, ovvero quello che non è cambiato.

Immutate restano invece le sonorità. Nelle dieci nuove tracce i Chvrches sono più che riconoscibili e poco si discostano dalla cifra stilistica che li ha resi celebri. I nostri forse hanno perso l’ultima occasione per crescere musicalmente attestandosi, nella maggior parte dei casi, a un livello di medio-bassa ovvietà. I paragoni, che si sono sprecati all’inizio, con vari mostri sacri tipo Eurythmics o The XX,  sono ormai un lontano ricordo. La vocina di Lauren Mayberry a tratti infastidisce e i synth-pop per teenager spesso lasciano il tempo che trovano. Le canzoni restano comunque  ben costruite e a tratti godibili. Il “mestiere” hanno dimostrato di saperlo fare da subito e di questo va loro reso merito.

Ma c’è una sorpresa!

Sì, questa volta c’è una bella sorpresa in grado di risollevare le sorti di un disco che, diversamente, sarebbe caduto in un immediato oblio: il coinvolgimento di  Robert Smith. Il maestrone dark, che a pensarci bene ha in comune con i Chvrches la sindrome di Peter Pan, ci regala un momento davvero degno di essere ricordato. Stiamo parlando del singolo, accompagnato da un ottimo video, How Not To Drown. Il titolo, in questo momento storico, suona come profetico e il brano non fa una piega. Cupo, gotico e  forte di una linea melodica azzeccata How Not To Drown è il momento più alto della carriera dei Chvrches dove perfino la voce della Mayberry si addolcisce in un fraseggio perfetto grazie al contrasto/connubio con la vocalità di Smith. Quindi? Torniamo a sperare? Quantomeno questa volta un’idea, quasi geniale, c’è stata!

Chvrches - Screen Violence
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Ha suonato con band punk italiane ma il suo cuore batte per il pop, l’elettronica, la dance. Idolo dichiarato: David Byrne. Fra le nuove leve vince St. Vincent.

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