L’opera prima di Colin Scot recuperata dall’oblio a 50 anni dall’uscita

Secondo Record Collector siamo qui di fronte a un “genuine lost classic”. L’accento sulla genuinità dimostra come troppo spesso nel mondo della musica vintage siano state annunciate grandi riscoperte poi rivelatesi all’ascolto solo ninnoli d’epoca.
Va subito detto che la ristampa del primo disco di Colin Scot (vero nome Colin Thistlethwaite) non rappresenta l’eccezione alla scialba regola. E tuttavia i motivi d’interesse non mancano, fuori e dentro il disco.
Il “fuori” sta in questa domanda: come è possibile sia stato poco considerato al momento dell’uscita (1971) e del tutto dimenticato subito dopo un album a cui partecipano, fra gli altri, Peter Hammill, Robert Fripp, Rick Wakeman, Jon Anderson, Peter Gabriel e Phil Collins? Il “dentro” è invece rappresentato da canzoni tutte di buon livello con tre-quattro titoli che restano subito nella memoria. Se succede nel 2021, in cui peraltro notiamo anche certi elementi ormai démodé, a maggior ragione l’accoglienza avrebbe dovuto essere trionfale quando questa musica era attuale, oltreché ben suonata e ben prodotta.
Ma chi era Colin Scot?
Scot era un cantautore dalla vena nitidamente melodica ma anche robusta e dalla malinconia tipicamente brit ma con molti sussulti vitalisti. In alcuni momenti si può parlare di ampiezza quasi classica, ci sono tocchi folk e, per forza di cose dati gli ospiti, profumi prog. Volendo citare qualche nome di riferimento si può pensare a Elton John così come al ben più ritroso Clifford T.Ward oppure a Jackson Browne che forse all’epoca il Nostro neppure conosceva. E c’è un pezzo, Nite People, che richiama curiosamente la scrittura sofisticata degli Steely Dan.
Esagerando, viene da dire che Colin Scot avrebbe potuto essere il Billy Joel inglese. Invece, dopo questo disco per la United Artists e altri due – altrettanto oscuri – con la Warner Bros si trasferì in Olanda e suonò solo dal vivo in piccoli locali folk. Morì nel 1999 e molti suoi amici musicisti appresero la notizia mesi dopo. Non esiste una pagina Wikipedia a lui dedicata.
Forse il problema stava in un aspetto fisico che lo assimilava più a un frontman hard-rock che a un cantautore, forse nella copiosa sudorazione durante i concerti, forse in un carattere tanto amabile quanto, a volte, volatile.
Le canzoni del primo disco di Colin Scot
Oggi che il tempo ha calcinato sfighe e scelte sbagliate, resta la sostanza di un disco che per farsi apprezzare non sembra aver bisogna di tutti quei “friends” da strillo in copertina (sia oggi che all’epoca dell’uscita – v. sotto), visto che i pezzi sono interessanti anche a prescindere da chi ci suona e la voce di Scot è duttile e personale. Si può giusto citare la chitarra di Robert Fripp nella coda della conclusiva Here We Are In Progress, ma si tratta comunque di un abbellimento in un pezzo già di suo eccellente.
La ristampa Esoteric aggiunge tre tracce alternative e un inedito e, soprattutto, pulisce assai bene il suono. Ma sì, dai, non sarà un genuine lost classic, però ci manca davvero poco.
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