Il disco di Kurt & Courtney, ma non quelli grunge…
Lotta Sea Lice è una fruttuosa e inaspettata collaborazione tra due artisti che si rispettano e non hanno paura di presentarsi come ‘Kurt & Courtney’… Il sodalizio tra Kurt Vile e Courtney Barnett sembra proprio uno dei pochi copia/incolla artistici ad aver funzionato davvero. Non si tratta neppure di un’opera di rilancio, visto che tutti e due hanno convinto il proprio pubblico già prima di questa collaborazione. Vile con una buona carriera solista dopo la fuga dai The War On Drugs di Adam Granduciel e la Barnett con il successo di Sometimes I Sit And Think, And Sometimes I Just Sit (2015).
Un’intesa ‘vera’ quella fra Kurt Vile e Courtney Barnett
In questo disco condiviso i pregi dei due sono esaltati da un’intesa che, per una volta, sembra effettiva e non calcolata ad arte. I due osano persino aprire il disco con sei minuti di country-rock strascicato a voci alternate. Un incipit lucido e coraggioso, e il resto viene di conseguenza. Nonostante si distinguano gli stili, quello più libero di Vile contro le più rigorose costruzioni della Barnett, una sostanziale omogeneità percorre i tre quarti d’ora del disco. Ci sono certo influenze che emergono, ricordi velvettiani, ballate acustiche alla Go-Betweens e gli inevitabili sapori younghiani portati dal timbro vocale di Vile. Al contrario, l’apporto della Barnett è meno derivativo e la cantautrice australiana trova anche lo spazio per una performance voce e chitarra con la ballata Peepin’ Tom.
La strana conclusione di Lotta Sea Lice
Il disco finisce in apparente contropiede con un brano intitolato Untogether, parola che viene tradotta con ‘confuso, pasticciato’, ma contiene, graficamente, anche la negazione di un legame. Forse è l’annuncio che questo disco non avrà un seguito, oppure solo il segnale che si continua ognuno per sé, fino al prossimo incrocio.
Postilla per i più curiosi: Kurt Vile, nonostante l’assonanza fonetica con il grande Kurt Weill, sembra essere il suo vero nome di battesimo…
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Fausto Meirana
Recensore di periferia. Istigato da un juke-box nel bar di famiglia, si cala nel mondo della musica a peso morto. Ma decide di scriverne solo da grande, convinto da metaforici e amichevoli calci nel culo.
