I Cranberries – Alla fine.
Diciamoci la verità, è inutile girarci intorno. I Cranberries sono Dolores O’Riordan. E questo è ancora più evidente a pochi giorni dall’uscita di In The End. È il suo album. La mente va, come è ovvio, alla sua scomparsa. Ma non è solo questo. Non so quanto sia giusto adesso parlare dei brani che lo compongono, discutere dei suoni e degli arrangiamenti, o quanto piuttosto salutare una delle voci migliori degli anni ’90. Nel dubbio, poggio il vinile sul piatto.
La forza di In the End
In the End è un album che non sfigura accanto a Everybody Else Is Doing It, So Why Can’t We? o No Need to Argue. Le voci che Dolores è riuscita a registrare si legano perfettamente al lavoro successivo dei tre membri del gruppo. La produzione di Stephen Street ci riporta indietro a quei Novanta, malinconici ed emozionanti, quando anche noi, ragazzini strafatti di rock, avemmo la nostra Patti Smith. Non si tratta però di semplice revival. Credo, anzi, che vi sia la volontà netta di segnare, ora più di prima, nuovamente il sound della band.
In The End: un disco crudo
I testi di Dolores bruciano. Qualcuno ha scritto che, nonostante tutto, nonostante la malattia, essi sono anche pieni di speranza. Io non l’ho trovata, questa speranza. «È notte, la tempesta sta arrivando, mi sono persa, svegliami quando tutto è finito, alcune cose non durano mai. Non è strano, quando tutto ciò che hai sognato non era niente che avessi sognato, alla fine?». Vi dà speranza questo collage di versi sparsi?
La voce di Dolores O’Riordan
La potenza della voce di Dolores è intatta. Sa calmare e accendere, consolare e vibrare. E da sempre in quella voce si legano tradizione e modernità, l’Irlanda e il rock. Alcune variazioni melodiche, alcuni arpeggi, sull’onda dell’emotività, commuovono. Si senta Lost: «Feel the storm is coming in/ I wonder where should I begin / In the past / In the past / I feel I’m dwelling in the past / I know the time is moving fast / And you know», con il lancio successivo, dove Dolores pare quasi gridare, al mondo tutto, la sua rabbia.
Una tragica fine, ma la musica resta
La vidi, tanti anni fa, mentre quella rabbia la gridava su una metà di un palco enorme. Senza paura, sfrontata e irriverente quando percorreva la passerella che doveva essere soltanto di Mick, di Keith e degli altri Stones. Ma lei, a suo modo, sapeva occuparla completamente, senza freni, mentre nel cielo ancora luminoso di Milano si alzavano i riff di This Is The Day, di Zombie, di Salvation. Quindici anni dopo Dolores ci ha lasciati. Suicidio, incidente? Non ha importanza. Quello che conta, come sempre, è la sua musica, la sua passione che sempre, questa sì, ci darà la possibilità di riconoscerla tra mille e più voci.
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“…quando anche noi, ragazzini strafatti di rock, avemmo la nostra Patti Smith.”
Non poteva essere detto meglio di così.