The Sun Is A Violent Place: terzo capitolo solista per Dagger Moth/ Sara Ardizzoni

È una donna dalla doppia vita la ferrarese Sara Ardizzoni! Chitarrista fra le migliori del panorama musicale italiano – e non solo -, è capace di prestare da tempo le sue corde tanto al rock “velvettiano” dei Massimo Volume quanto al blues mediterraneo di Cesare Basile e dei suoi Caminanti. Ma anche di dar vita da una decina d’anni (il primo disco è del 2013), sotto il moniker di Dagger Moth, a un suo personalissimo progetto solista che ha ben poco a che vedere con le collaborazioni appena citate. Progetto che oggi, a più di sei anni di distanza dal secondo disco (Silk Around The Marrow, 2016), vede nascere questo ultimo prodotto. Tanto disposta alle collaborazioni  in progetti altrui quanto convinta seguace del do it yourself quando si tratta di portare avanti il proprio, pur se in questo caso hanno evidentemente giocato anche le limitazioni imposte dalla pandemia e dai susseguenti lockdown. E che gli stati d’animo indotti da questo periodo, da cui non siamo ancora usciti, abbiano avuto una parte non indifferente nella gestazione del disco lo denunciano abbastanza chiaramente i testi, a cominciare dall’inquietante titolo.

Un album davvero ‘solista’ per Dagger Moth

Musicalmente The Sun Is A Violent Place  si presenta come il prodotto di un’autentica “one woman band”, se si eccettuano le percussioni aggiuntive di Fabrizio Baioni in tre brani (Church Without God, Slow Motion Collapse e Minefield) e altri interventi “esterni” per il missaggio (Victor Van Vugt) e per il mastering (Alessandro Gengy Di Gugliemo). D’altra parte Sara può permetterselo, capace com’è di padroneggiare perfettamente non solo il suo strumento, ma anche ogni genere di diavoleria elettronica ad esso applicata; non è difficile immaginare ai suoi piedi una pedaliera ben nutrita, dalla quale tira fuori loop, distorsioni (delle quali peraltro non abusa) e ogni altro genere di “modificazione” elettronica del suono. Ma quello che salta all’occhio – o meglio, all’orecchio – fin dal primo ascolto di questo disco è la perfetta compenetrazione tra testi e musica.

Le canzoni di The Sun Is A Violent Place

Il brano iniziale, Church Without God, si apre con un loop dall’andamento tanto solenne quanto lugubre, con sonorità che richiamano quasi un pump organ, mentre Sara declama con voce dolce-inquieta versi come “it’s freezing cold in here/ a frozen spring revealed/ a frozen spring unreal”. Stessa atmosfera in Afloat, punteggiato da una martellante drum machine mentre la voce “recitante” dichiara di sentirsi “like floating in the water/ or like having leadweight feathers/ a contaminated soul”.

Stessa atmosfera nel successivo Automatic Dream Glow, scandito dal ricorrente mantra “I need someone/ I need no one” e nella quale gli arpeggi di chitarra si fanno nel complesso più “puliti”. Che dietro tutto questo ci siano una visione e una prospettiva tutt’altro che ottimistica è testimoniato a sufficienza dall’inizio di Minefield dove, sul consueto tappeto di martellante inquietudine, Sara chiede ad un immaginario interlocutore “Can you hear the warfare/ hissing from behind the trees?”. Lungi dall’essere ripetitivo, il disco mostra una coerenza, sia musicale sia concettuale, ammirevole e ci fa sperare che il progetto Dagger Moth abbia ancora lunga vita. E che Sara Ardizzoni – che pure ha sempre dichiarato di non considerarsi una cantante – ci faccia ancora sentire una voce che sa usare benissimo e che si sposa altrettanto bene con questo genere di musica e, vorremmo dire, di “messaggio”.

Dagger Moth - The Sun Is A Violent Place
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“Giovane” ultrasessantenne, ha ascoltato e ascolta un po' di tutto: dalla polifonia medievale all'heavy metal passando per molto jazz, col risultato di non intendersi di nulla! Ultimamente si dedica soprattutto alla scoperta di talenti relativamente misconosciuti.

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