Dominique Fils-Aimé al terzo disco: Three Little Words.

Terzo capitolo della personale rilettura della storia della musica afroamericana per la cantautrice di Montreal (di genitori haitiani) Dominique Fils-Aimé. Dopo gli inizi in gruppi come Tough Love Groovy Therapy o Key of Groove, complice la partecipazione a La Voix (sì, immaginate bene, versione canadese del solito format olandese; per i precisi Dominique viene eliminata in semifinale) arriva la scelta di dedicarsi alla carriera solista. Nameless nel 2018 è una riflessione sulle sue origini che la porta a confrontarsi con brani come Strange Fruit di Billie Holiday o Feeling Good di Nina Simone.
La svolta jazz
L’anno successivo è la volta di Stay Tuned! – Vocal Jazz Album of the Year ai Juno Awards (i Grammy canadesi), in cui, in quattordici brani originali, ripercorre la storia del movimento per i diritti civili degli anni ’60. Adesso è la volta di un disco che si inserisce in un filone neo-soul, con tutti i pregi e i difetti del caso: interessante quando prende spunto da un genere che ha fatto la storia della musica, per ricollocarlo nel terzo millennio. Superfluo quando diventa una mimesi dietro la quale nascondere la mancanza di idee.
Le canzoni di Dominique Fils-Aimé in Three Little Words
Anche se alla fine la differenza la fanno, come sempre i brani: il magnetico Fall and All (voce e pianoforte) lascia immaginare che cosa sia in grado di fare Fils-Aimé quando non si perde nel retro-soul di Grow Mama Grow, nel doo-woop banale di While We Wait (che un testo ‘impegnato’ non risolleva) o nell’afro levigato di Three Little Words.
Resta l’impressione di un album impeccabile da punto di vista produttivo e musicale (con i compagni di sempre Jacques Roy al basso ed Etienne Miousse alla chitarra), ma in cui faticano ad emergere le emozioni. Quando succede, come nella bella e dolente Home to me, il risultato è eccellente; ma per il resto si tende a cercare di arrivare in fondo, dove anche la cover vagamente gospel di Stand By Me (scritta dagli ebrei bianchi Jerry Leiber and Mike Stoller) conferma la sensazione.
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