Lacosta: l’amore di Don Antonio per la propria terra, il viaggio, le immagini ‘filmiche’.
Antonio Gramentieri, in arte Don Antonio, è nato e vive a Modigliana, una delle cittadine romagnole il cui territorio è stato devastato dalla disastrosa alluvione di maggio, e proprio al fondo emergenziale ivi istituito da Pro Loco/Protezione Civile/Nucleo Operativo Antincendio andranno i proventi della prima tiratura sia fisica che digitale di Lacosta, che esce per Crinale Lab e Strade Blu Factory.
Un fondo di amarezza nella musica di Don Antonio
È un territorio al quale Gramentieri è profondamente legato e nel quale si è fatto promotore di importanti e significative iniziative. Fra queste non si può non menzionare il Festival Strade Blu che, dalla sua fondazione nel 2001, ha portato nei comuni del circondario alcuni fra i nomi più importanti della musica folk, americana, counrty rock, cantautorale. Proprio quest’anno la Regione Emilia Romagna ha tolto il patrocinio alla manifestazione segnandone la fine, un’altra ferita che non poteva che essere accolta con amarezza, un sentimento che insieme a una serena malinconia accompagna molte tracce di Lacosta.
Chi ha seguito la lunga e proficua carriera del musicista, dai Sacri Cuori a Hugo Race Fatalists fino alle sue collaborazioni con Alejandro Escovedo, Dan Stuart, i Calexico, Vinicio Capossela, ritroverà in queste quattordici tracce strumentali gli umori e gli amori musicali con i quali la sua chitarra si è misurata in questi lunghi anni, in un percorso ideale e musicale che dalle natie terre di Romagna spazia fino alla frontiera Sud degli Stati Uniti.
La musica ‘cinematografica’ di Don Antonio
Tutte le tracce sono strumentali, ma raccontano storie con una straordinaria forza evocativa perché ogni canzone nasce da un forte legame culturale e umano che entra in comunicazione con l’immaginario e il cuore di chi ascolta. Così le note allungate della chitarra nell’iniziale Pedro ci trasportano in un territorio indefinito, ma che sa di deserto, di solitudine, mentre La Rosa E la Spina con la sua fisarmonica inevitabilmente ci riporta in una Romagna felliniana che poi ritorna in Roccaccia, qui in una contaminazione fra Rota e tex-mex. Il rock sanguigno fa capolino invece nella title track, mentre in Uva Rossa riecheggia la malinconica frontiera dei Calexico.
C’è molto cinema anche come richiamo alle atmosfere dei compositori italiani di colonne sonore e non a caso alcune di queste tracce sono state utilizzate per sonorizzare docufilm e spot. Si respira un’atmosfera di austera compostezza, la stessa che probabilmente c’era nello studio La Casina, un casolare isolato nella campagna di Modigliana, dove Don Antonio insieme a pochi fidati amici musicisti ha registrato Lacosta. A proposito, il titolo fa riferimento a una strada che percorre quelle terre. Tutte le tracce sono molto brevi e nessuna supera i tre minuti , a eccezione della conclusiva Blu Spazio Blu, cinque minuti durante i quali ci incamminiamo lungo strade delle quali non si intravede la fine, perché la musica, come la vita, come il viaggio continua.
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