Un’isola che esiste ancora: Edoardo Bennato – Non C’è.

Una sorpresa, di quelle che non ti aspetti. Se riavvolgiamo il nastro, bisogna tornare indietro di tre decenni almeno per sentire un Edoardo Bennato così ispirato e graffiante. L’album era Abbi dubbi, anno domini 1989, non proprio ieri, per la verità. Nei trent’anni che ci separano da quel gioiellino trascinato dal singolo che inneggiava italianamente alla mamma, diverse buone cose ma mai ben amalgamate in un progetto coeso, tanto che ormai sembrava che di fresco il nostro Edo avesse solo la tintura dei capelli. Il periodo d’oro, quello dei settanta, sembrava ormai appartenere a un lontano parente: e invece no, tanto per ricordare il titolo di una sua canzone.
Tra nuove canzoni e rivisitazioni del passato
Diciamolo subito, per non essere fraintesi. Non C’è non è un capolavoro, semplicemente una gran bella raccolta di canzoni che alterna 8 nuovi brani a 15 rivisitazioni (12 su cd, che ha tre tracce in meno rispetto al doppio vinile) di classici del fantastico repertorio del Dylan di Bagnoli. Ed è qui il valore aggiunto, il primo, di una scaletta che vola via senza soluzione alcuna di continuità, quasi fossero tutte canzoni nuove o viceversa. Il secondo valore aggiunto è il suono, splendido, con arrangiamenti curati al dettaglio e spruzzate di archi a impreziosire la poetica dei testi. Il terzo è la voce di Edo, ancora fresca nonostante gli anni che pesano sulle corde: il grande cantautore è ispirato e ha una voglia matta di fare musica, di continuare a fare musica, e si sente.
Basta così? Certamente no: i testi, alcuni dei quali portano egregiamente quasi mezzo secolo sulle spalle, suonano attuali come non mai, segno evidente che il grillo parlante riusciva a guardare lontano. No, non siamo affatto cambiati, il nostro è ancora un paese di dotti, medici e sapienti – geniale, in un periodo di virologi, epidemiologi e scienziati, tutti con la loro verità, diversa l’una dall’altra –, di faccendieri, di arrivisti, di gatti e di volpi…
Sono solo canzonette?
Era il dilemma del nostro, all’inizio degli anni ottanta, ovvero il periodo del tramonto del Bennato arrabbiato. Ne aveva “cantate” a tutti, e qualcuno – tanti, per la verità – aveva espresso un certo risentimento. Serviva un brano per chiarire la faccenda, e il brano arrivò. Ma erano – e sono – solo canzonette? Giudicate voi, magari ascoltando Il mistero della pubblica istruzione, una sorta di coda polemica di In fila per tre dove la “sapienza” viene considerata una vera e propria malattia contagiosa, un parallelismo perfetto in tempi di coronavirus.
Edoardo Bennato – Non C’è, tra pop, folk e rock’n’roll
Gli ingredienti del repertorio del nostro ci sono tutti, le canzoni alternano folk e rock’n’roll (ascoltate La verità, Edo è in formissima) in una sequenza che merita ben più di un ascolto. Tra strali e punzecchiature c’è posto per un accorato atto d’amore, Italiani, che a prima vista sembrerebbe il solito omaggio retorico al nostro paese, ma così non è. Splendida la condivisione con il fratello Eugenio di La realtà non può essere questa, atto d’accusa di una prigione virtuale che è diventata la rete. Le altre rivisitazioni degne di nota sono Bravi ragazzi, Cantautore – con un inedito intro di piano –, Tutti e l’immancabile L’isola che non c’è, vero e proprio capolavoro senza tempo per moderni cavalieri dalla triste figura. In L’uomo nero e Perché Bennato duetta rispettivamente con Clementino e Morgan.
Bentornato Edo.
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