Emily King ripercorre la propria carriera in versione acustica: il risultato è Sides.

Dopo tre album e un paio di EP, Emily King, cantante trentaquattrenne originaria di New York evidentemente a corto di idee, sceglie con Sides di rileggere in versione acustica undici brani della sua discografia. Se la reinterpretazione ha almeno il merito di essere più attraente di una comune antologia (magari aumentata dal solito misero inedito), riascoltare il meglio della sua produzione finisce per evidenziare la sostanziale fragilità delle sue composizioni.
Le scelte degli arrangiamenti lasciano perplessi
Gli undici brani (nessuno dall’esordio del 2007, quattro dall’EP del 2011 The Seven, tre da The Switch del 2015, i restanti quattro da Scenery uscito lo scorso anno) scorrono gradevolmente, ma solo raramente catturano l’attenzione.
La voce è gradevole quel tanto che basta, senza quasi mai arrivare al cuore. Alla lunga appare bizzarra anche la scelta di un minimalismo musicale sovente accompagnato da un tappeto di archi (evidentemente elettronico) che finisce per lasciare a metà del guado l’operazione; un po’ come la sua intenzione vocale, sempre a un passo dalla passionalità, ma che non riesce davvero a coinvolgere.
I momenti migliori di Emily King – Sides
Nonostante alcune canzoni (l’iniziale Radio, Teach You insieme a Sara Bareilles, Look at Me Now, la migliore di tutte), ci si ritrova ad ascoltare il disco con lo stesso spirito di quando si guarda la vetrina di un negozio aspettando l’amico in ritardo all’appuntamento: quando infine arriva ci si saluta calorosamente, si decide dove andare e di quella vetrina, pur allestita con tanta cura, non ci si ricorda più.
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