Annunciato da tempo, è uscito Foals – Everything Not Saved Will Be Lost (part.2).
Era pressoché annunciato dal part. 1 che accompagnava il titolo del disco precedente. Ed ecco che puntuale arriva Foals – Everything Not Saved Will Be Lost (part.2). Per produrre due dischi in un anno bisogna essere davvero ispirati. Alcuni musicisti ci hanno provato persino nello stesso giorno, con risultati alterni. Evidentemente anche i Foals avrebbero potuto fare altrettanto, poiché part.1 e 2 lasciano pensare a un progetto ben preciso. E tuttavia, l’esito artisticamente non felice del primo Everything Not Saved Will Be Lost avrebbe richiesto un ripensamento, senonché la band di Yannis Philippakis almeno dal vivo continua ad andare forte, e dunque evidentemente non sente aria di crisi.
Era proprio necessaria una parte seconda?
Aria di crisi la sente però chi ascolta questo Everything Not Saved Will Be Lost (part.2). Philippakis produce insieme a Brett Shaw, e insieme scelgono per i Foals un suono compresso, nel quale i singoli elementi spariscono. Persino la voce di Philippakis, quando non sceglie un registro acuto, scompare nel mix.
Quando c’è una melodia distinguibile, come nell’iniziale (dopo l’intro Red Desert) The Runner, può anche andare, ma le canzoni che seguono rischiano troppo spesso la direzione Maroon 5 per essere accettabili. Ossia un rock dalle venature white funk piuttosto grossolano.
Il finale di Everything Not Saved Will Be Lost (part.2) lascia qualche tenue speranza per i Foals del futuro
Verso la fine, con 10,000 Ft., Into the Surf e Neptune, i Foals tornano alla vena che aveva rischiarato i loro primi album, virando verso un prog delicato e più atmosferico. Vero è che Neptune, con i suoi 10 minuti di lunghezza, ha un intermezzo che vorrebbe essere sognante, ma che rischia di essere letargico. Però nel complesso è una conclusione che risolleva parzialmente il disco facendogli sfiorare la sufficienza. Non è abbastanza da giustificare due dischi in un anno. Anzi noi speriamo che i Foals decidano di prendersi un periodo di riflessione per aggiustare la mira e non divenire totalmente una ex-indie band dedita a un white rock squadrato e senza interesse del quale davvero non si sente la necessità.
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