Franco D’Andrea e il fascino dell’improvvisazione.
Non diamo niente per scontato. Forse ai lettori di TomTomRock – che di rado si occupa di jazz e affini (*) – il nome di Franco D’Andrea dirà poco o niente. Eppure questo meranese classe 1941, che inizia a suonare il pianoforte a 17 anni e incide il suo primo disco nel 1964 con Gato Barbieri (**), negli anni ‘70 raggiunse una certa celebrità anche in ambito rock, grazie al Perigeo. Del Perigeo, probabilmente il miglior gruppo jazz-rock italiano di sempre, D’Andrea era una delle anime insieme a Bruno Biriaco, Claudio Fasoli e Giovanni Tommaso. In seguito allo scioglimento del gruppo – “collassato per ragioni economiche ma non per ragioni umane” tiene a precisare in un’intervista – si è poi dedicato esclusivamente al jazz, leader di gruppi sempre originali e mai banali.
I molti ensemble di Franco D’Andrea
Da qualche anno la sua musica si è sviluppata tra vari ensemble – uno ‘tradizionale’, un Electric tree, un Piano trio un Quartetto e un Sestetto. Da queste formazioni provengono i sette musicisti (Andrea Ayassot al sax alto e soprano, Daniele D’Agaro al clarinetto, Zeno De Rossi alla batteria, Aldo Mella al contrabbasso, Mauro Ottolini al trombone, Luca Roccatagliati all’elettronica) che insieme al chitarrista Enrico Terragnoli sono confluiti nell’ottetto che anima il nuovo progetto “Intervals”.
La prima parte del progetto Intervals
Si tratta di due dischi, la registrazione di un concerto del 21 marzo 2017 all’Auditorium del Parco della Musica di Roma il primo, le prove in studio del giorno precedente il secondo, che sarà pubblicato più avanti. In entrambi ritroviamo inevitabilmente gli interessi e le influenze della ricerca musicale di D’Andrea.
Otto i brani, alcuni totalmente improvvisati, altri più strutturati (“Dipende da quello che succede ogni volta tra noi. Di solito usiamo dei segnali musicali per entrare in un brano o nell’altro. E i segnali musicali possono essere dati da chiunque”). Tutti richiedono la totale disponibilità dell’ascoltatore a lasciarsi coinvolgere, a ritrovarsi in un’altra epoca (lo stile jungle dei ‘Roaring Twenties’ di A4+M2) o in un altro scenario (quello dell’Art Ensemble of Chicago che fa capolino a tratti sullo sfondo).
Otto musicisti, decine di suggestioni
L’ottetto sembra un’orchestra, un magma sonoro che evoca la spiritualità giocosa di Monk (Tradition 2) e la carnalità incandescente di Mingus (Air Waves), una creatura immaginaria e ammaliatrice che non si smetterebbe mai di ascoltare.
* Tuttavia un interessante sunto delle migliore uscite jazz del 2017 potete leggerlo qui.
** Con Barbieri D’Andrea registrerà anche la colonna sonora di Ultimo Tango a Parigi.
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