Sadness Sets Me Free: un titolo molto programmatico per Gruff Rhys.
La stanza raffigurata sulla copertina di Sadness Sets Me Free, ultimo album di Gruff Rhys, fa pensare alla camera da letto del protagonista di Perfect Days, pellicola pressoché coeva firmata dal Wim Wenders ‘giapponese’: due ambienti di scarsa illuminazione e parco arredamento con piantine a dare una tocco gentile. Anche lo spirito delle due opere è abbastanza accostabile: ricavare il meglio dalla quotidianità, nonostante sia in apparenza poco entusiasmante oppure pervasa di malinconia. Tuttavia, nell’opera del musicista gallese si percepisce una vena più inquieta (più ‘occidentale’?) rispetto al film, come suggerito, sempre in copertina, dal vecchio televisore acceso su un effetto neve o dall’improbabile rubinetto sopra il fiorellino.
Partito a fine anni ’80 come brit-popper obliquo con i Super Furry Animals, il Rhys delle opere da solista ha elaborato un’autorialità elegante e con qualche tocco di eccentricità, come dimostrato in tempi recenti dall’apprezzato Seeking New Gods, Rispetto a quest’ultimo “La tristezza mi libera” è lavoro – se non si fosse capito – più pensoso e dal passo più lento, senza però disdegnare partiture strutturate in chiave pop e sontuosi arrangiamenti orchestrali su cui si mette comoda una voce dai toni profondi e austeri che ha come dichiarato ispiratore Kevin Ayers. Altri nomi che vengono in mente possono essere i Lambchop (il funk da camera di Celestial Candyfloss) e due compagni di esistenzialismo quali Baxter Dury e Michael Head.
Vita interiore e società moderna second Gruff Rhys
Il mondo interiore di Gruff Rhys, almeno in queste dieci canzoni, è sagomato in forma di accettazione delle proprie debolezze, dei propri limiti e dei propri limiti e dei propri fantasmi. Nella title track posta in apertura di programma e nella successiva Bad Friend le cose non funzionano troppo male, salvo l’apprensione per qualche possibile ora buia in arrivo. Quel che invece somiglia a un disastro, e contro cui vengono scagliate invettive efficaci proprio per la loro pacatezza sonica, è il mondo esterno, dove si abbattono interi quartieri popolari per fare spazio ai grattacieli da ricchi (They Sold My Home To Build a Skyscraper) e dove i potenti la fanno sempre franca per le loro malefatte (Cover Up The Cover Up). Sul finale la situazione pare incupirsi con le dimissioni dalla società di I Rendered My Resignation, mentre la conclusiva I Keep Singing è una più positiva, per quanto difficoltosa, dichiarazione di intenti. Le ultime parole sono quelle del titolo, cantate come una liberazione.
Sadness Sets Me Free è disco che riesce a essere compatto eppure fluido, si fa ricordare soprattutto per l’idea d’insieme e, volendo fare una critica, manca di una vera canzone da amore al primo ascolto. Però ci si può affezionare a quasi tutte, forse perché la tristezza potrebbe liberare anche noi.
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