I felici primi anni ’70 di Ian/ Iain Matthews.
Cominciamo con la curiosa storia del nome: Ian Matthews MacDonald intraprende la sua carriera musicale nel 1966 come Ian MacDonald, nel 1968 cambia il nome d’arte in Ian Matthews e nel 1989 lo rende più scozzese diventando Iain Matthews. I tre album qui trattati furono incisi come Ian, mentre il cofanetto appena uscito è a nome Iain.
La carriera del signor Matthews
Nativo del Lincolnshire ma ben pesto trasferito a Londra, il giovane Ian inizia suonando surf nel trio The Pyramid, poi è nella formazione originale dei Fairport Convention con cui incide i primi due lavori e canzoni che verranno pubblicate ufficialmente solo molti anni dopo. È il più americanista della band e, quando gli altri decidono di virare verso il folk-rock inglese, sceglie la carriera solista. Stranamente intitola l’opera prima con la sigla Matthews’ Southern Comfort, dopodiché decide – con minimo cambio di denominazione – di chiamare Matthews Southern Comfort una litigiosa band che incide due LP e il singolo di successo Woodstock (sì, il pezzo di Joni Mitchell). Solo nel 1971 arrivano due album davvero a nome Ian Matthews, oltre a un terzo che resta per un po’ nel cassetto. Però il nostro si stufa presto di stare senza compagnia e forma i Plainsong per tornare dopo tre anni a fare il solista. Da allora e fino a oggi Ian/Iain resterà figura rigorosamente di culto, salvo un piccolo hit nel 1978 con Shake It.
Thro’ My Eyes – The Vertigo Years 1970-1974 è pubblicato dalla sempre più benemerita Cherry Red (tramite la filiale Lemon Recordings) e si articola in cinque cd. I primi tre contengono gli Lp del cosiddetto periodo Vertigo corredati da un sostanzioso quantitativo di bonus tracks. Poi ci sono i due cd ‘di supporto’ If You Saw Thro’ My Eyes Live/ Excerpts From The Notebook Series e Vertigo Years Live 1971-2022 che ampliano il discorso portandolo fino ai giorni nostri.
I primi tre cd di Thro’ My Eyes – The Vertigo Years 1970-1974
If You Saw Thro’ My Eyes (1971) è uno dei più bei dischi degli anni ’70 in ambito canzone d’autore. Suona americano, eppure è squisitamente british per la compostezza della parti strumentali, quasi del tutto acustiche, e soprattutto per la limpidezza vocale di Matthews. Le canzoni originali sono caratterizzate da un’atmosfera che pare sospesa nel tempo con piccoli tocchi strumentali di Richard Thompson e Sandy Denny (ex colleghi nei Fairport Convention) e del grande pianista jazz Keith Tippett. I momenti più mossi sono invece legati a due pezzi del geniale e precocemente scomparso Richard Fariña.
Tigers Will Survive (ancora 1971) non ripete quel mirabile esito risultando sempre in ogni momento molto gradevole, ma poco coeso nel repertorio. Quanto a Journeys From Gospel Oaks, è probabilmente il miglior disco da riscatto degli obblighi contrattuali mai ascoltato. Nel 1972 la Vertigo non ha molta voglia di tenersi un artista che vende poco, ma questi deve all’etichetta ancora un disco e decide di risolvere la questione incidendo in pochi giorni una raccolta di quasi sole cover americane in chiave country-folk. Nonostante le deprimenti premesse, i pezzi sono cantati e suonati benissimo secondo uno spirito interpretativo che – ancora una volta – si muove da un lato all’altro dell’Atlantico con partecipe naturalezza e quasi magica levità. Il disco vede la luce solo nel 1974 quando la Vertigo si libera dell’incomodo passandolo alla Mooncrest.
Gli altri due cd del cofanetto e considerazioni finali
Quanto al resto del materiale, in parte già comparso in precedenti ristampe, risulta tanto interessante quanto alla fin fine decorativo. Le cose più recenti comunque stupiscono per la freschezza di una voce che continua a restare limpida, mentre gli estratti live e la session radiofonica del 1971 insieme a Richard Thompson scintillerebbero di pura bellezza folk se solo si sentissero un po’ meglio.
A costo di essere ripetitivi, ciò che affascina in Matthews è la sua comunicatività serena e, in diversi momenti, molto intensa sia nelle composizioni originali (If You Saw Thro’ My Eyes, Little Known, You Couldn’t Lose, Midnight On The Water) sia nelle canzoni altrui (Reno Nevada, Met Her On A Plane, Tribute To Hank Williams, Bride 1945) . Per non parlare di quella voce capace di appoggiarsi sulle melodie senza apparente fatica e che oggi suona davvero senza tempo. Per chi la conosce da tanti anni riascoltarla è commovente come il ricordo di un momento di giovanile felicità. Chissà che effetto fa a chi la incontra per la prima volta.
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