Jethro Tull - The Zealot Gene

Ian Anderson torna come Jethro Tull con The Zealot Gene.

Era dai tempi del Christmas Album che non usciva un album a nome Jethro Tull, quindi parliamo di circa 18 anni fa e, avendo nel frattempo i fedeli al culto potuto fruire di un Thick As A Brick II, non indispensabile, a nome Ian Anderson’s Jethro Tull e di Homo Erraticus, che almeno qualche sferzata la dava, a sola egida dell’anima della band, la prima domanda che mi sono posto è : perché non proseguire a proprio nome anziché ricicciare fuori il nome-logo della band?

Un tema inquietante percorre il disco

A titolo di premessa è opportuno citare quando detto da Anderson stesso: The Zealot Gene nasce dall’esigenza di raccontare l’oggi attraverso la rilettura di passi del Libro Sacro, che nostradamusamente già prefiguravano il presente,  oggi utilizzati in chiave laica per porsi polemicamente questioni che già si posero, ad esempio nell’antica My God. Ed è bene forse ricordare, in questa sede, che gli Zeloti erano un gruppo politico-religioso che sosteneva l’indipendenza politica del Regno di Giudea, ma pure  difensori dell’ortodossia e dell’integralismo ebraico e questo la dice lunga sull’affrontare l’argomento nella moderna ottica della trasmissione di tale gene.

Il disco, nel suo insieme, si pone come concept, ovvero caratterizzato da canzoni concettualmente collegate (ma  senza sfociare in obsolete suite che, ad oggi, appaiono quanto mai anacronistiche) e rinnova così la certezza che i Jethro Tull, a parte Thick As A Brick e A Passion Play, non furono e non sono mai stati un classico gruppo prog, bensì la proiezione dell’ego di Ian Anderson, nel bene e nel male. Confermando quindi che anche questo disco poteva benissimo essere a nome del leader, suppongo che dietro ci sia la solita manfrina acchiappafans, perfettamente comprensibile in un momento storico in cui far necessaria cassa tramite concerti è pressoché impossibile e quindi si lavora su convenienti comfort zone commerciali piuttosto che lanciarsi in operazioni egoriferite ben più azzardate.

The Zealot Gene più un disco solista che dei Jethro Tull

Comunque sia il disco non mancherà di soddisfare il fan base più affezionato. Dentro c’è tutta la storia della band a partire dal flauto magico che, ovviamente, già dal primo brano dedicato alla madre del pilota che era a bordo dell’Enola Gay, appare, a titolo di prodromica garanzia, ben prima della voce. Quello che poi si percepisce, da qui il mio dubbio iniziale, è che diversi brani hanno la perfetta struttura di canzoni dell’Anderson solista, in quanto si appoggiano su un versante acustico e potrebbero essere state tranquillamente realizzate dal leader, rinomato polistrumentista, in perfetta solitudine.

Jethro Tull – The Zealot Gene sospeso tra passato e presente

Si percepisce, durante un ascolto senza scosse, un’alternanza tra la necessità di essere contemporanei ma senza disturbare (con qua e là assoli di chitarra non proprio innovativi) e il riappropriarsi di quella che, secondo me, fu la fase intermedia più felice della band: ovvero quella della trilogia bucolica di Songs From The Wood, Heavy Horses e Stormwatching, prima degli sbandamenti elettronici di A e delle gaglioffe trovate degli album successivi.

 

L’elemento folk delle canzoni è quindi, a mio parer, l’arma vincente di un lavoro che, a parte una copertina da denuncia tanto è non appealing, costituisce la vera attrattiva per noi vecchi. Per contro le parti più viranti a un quasi hard addomesticato non convincono e pare quasi, date le esecuzioni, che non abbiano neanche troppo coinvolto i musicisti ivi impegnati. Ogni song, essendo una piccola parabola a sé, meriterebbe una attenta dissertazione testuale che lascio ai più duri e puri Tulliani. Io mi accontento di un ascolto che, per poco meno di un’ora, mi rimanda alla mia mai rimpianta gioventù e mi regala l’impressione di sentire, dopo molto tempo, una voce nota che conferma anche se non stupisce più.

Jethro Tull - The Zealot Gene
6,5 Voto Redattore
0 Voto Utenti (0 voti)
Cosa ne dice la gente... Dai il tuo voto all'album!
Sort by:

Be the first to leave a review.

User Avatar
Verificato
{{{ review.rating_title }}}
{{{review.rating_comment | nl2br}}}

Show more
{{ pageNumber+1 }}
Dai il tuo voto all'album!

print

Collaboratore per testate storiche (Rockerilla, Rumore, Blow Up) è detestato dai musicisti che recensisce e dai critici che non sono d'accordo con lui e che , invece, i musicisti adorano.

Lascia un commento!

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.