Dalla città dell’acciaio l’affilato folk di Jim Ghedi.
Nel dedalo degli stili musicali che trovano spazio su queste pagine riemerge periodicamente l’angolino del folk, un genere che s’inabissa e riemerge continuamente, nascondendosi in qualche anfratto per poi tornare in nuove forme. La scena attuale ha molti protagonisti che identifichiamo in folksinger, chitarristi acustici, ensemble neo-cameristici o forme spurie difficili da incasellare. Si possono inserire in questo filone artisti come gli scozzesi Alasdair Roberts e James Yorkston, gli irlandesi Lankum e gli/le inglesi The Unthanks. Anche dall’altro lato dell’oceano c’è lo stesso fermento, come dimostrano il duo formato da Gillian Welch e David Rawlings o solisti come Jake Xerxes Fussell e Josephine Foster.
In the Furrows of the Common Place: ovvero Jim Ghedi canta
Per questa recensione torniamo però in Gran Bretagna, dalle parti di Sheffield, città posta giusto al centro della nazione con un passato minerario e industriale (il famoso acciaio di Sheffield che dette il titolo a un album di Joe Cocker). Da lì Jim Ghedi ha prodotto in cinque-sei anni una manciata di dischi incentrati sulla sua abilità chitarristica a sei e dodici corde che si sono guadagnati l’attenzione di pubblico e critica pur trascurando, quasi del tutto, la parte vocale. Ora In The Furrows Of Common Place colma questa lacuna.
La nuova uscita porta infatti come segno distintivo la presenza di sei brani cantati (su otto), di cui uno addirittura senza accompagnamento strumentale. Ghedi ha finalmente deciso di accettare la sua voce e usarla come punto di forza. Una voce non proprio gentile, ma assai personale. Talvolta sembra quasi uscire a forza dai denti serrati, in un’impellente urgenza comunicativa. Potrà non convincere del tutto, ma è un mezzo adattissimo ad accompagnare le risonanze metalliche delle chitarre e dei droni di violino che persistono in molti dei brani.
In The Furrows Of Common Place è un disco compatto e aspro, che trae ispirazione da diverse fonti: la critica sociale (Stolen Ground), la canzone tradizionale (Son David), la canzone di miniera (Ah Cud Hew di Ed Pickford) e la poesia, con la bella versione di Lamentations Of Round Oak Waters, un prestito da John Clare, poeta dell’800. Una nuova, bella, riemersione del folk.
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