Album dell’addio per Joan Baez? Chissà…
Ci fu un periodo in cui Joan Baez era la Croce Rossa musicale su cui sparare. Per tutto l’ultimo ventennio del XX secolo e per i primi anni del XXI Baez sembrò il simbolo stanco della contestazione e del movimento per i diritti civili. Mettendoci tutti di fronte al loro declino, se non al loro fallimento. E poi quella voce trillante e con le note tirate allo sfinimento suonava anch’essa fuori tempo…
Nel 2008 la nostra eroina folk fa uscire Day After Tomorrow con Steve Earle come produttore (e autore di tre canzoni). Wow, Steve Earle: tosto, cattivo, sul pezzo. In effetti toccò ammettere a tutti o quasi che quel disco era bello e calato nel tempo presente. Anche il concerto-tributo per il 75esimo compleanno (2016) ce la mostrava vitale, ironica, sorridente e nostalgica il giusto. Un’icona non più legata a una certa epoca, ma a tutta la cultura statunitense.
Joan Baez e il ritiro dalle scene
Ora, a 77 anni, Joan Baez annuncia il suo ritiro dalle scene con un ultimo album e un ultimo tour. Qualcuno dice che non sarà così, ma prendendo per buone le dichiarazioni dell’artista si può dire che Whistle Down The Wind ha in effetti il sapore del commiato. Vivo, attento, sostanzioso, ma anche consapevole che certi guizzi sono ormai impossibili.
Non che questo feeling attempato sia sempre un elemento negativo. Ad esempio, la voce non arriva più alle note alte di cui si diceva prima ed è, per tale ragione, finalmente perfetta. Anzi più espressiva di un tempo, perché priva di ‘bravura’. Sempre all’interno di questo idea di compostezza settuagenaria, perfetta è anche la produzione di Joe Henry. Solo strumenti acustici registrati con grande pulizia ma eleganti e ben presenti.
Le canzoni di Whistle Down The Wind
Poi c’è il repertorio. Due pezzi sono a firma di Tom Waits e Kathleen Brennan. Anche mastro Tom ama cantare una terza età pensosa ma non sconfitta ed ecco che l’accoppiata Waits-Baez (cinico-romantico il primo, idealista-ideologizzata la seconda) risulta meno improbabile che sulla carta. Altro ospite ingombrante nel mondo joanneo parrebbe essere Anohni. Invece Another Word (*) è il momento più suggestivo del lavoro. Quello che all’apparenza è il messaggio d’addio di un aspirante suicida è invece -probabilmente – il lamento della Terra morente e Baez lo canta tristemente bene. Come parlasse di un’amica che non ce la fa più.
Proprio Anohni espresse critiche asperrime al primo presidente afro-americano degli Stati Uniti nel brano Obama e Barack Obama è anche il protagonista di uno dei pezzi di Whistle Down The Wind intitolato The President Sang Amazing Grace, firmata da Zoe Mulford. La storia va raccontata. Nel 2015 Obama cantò Amazing Grace alla veglia funebre per le nove persone uccise da un giovane suprematista bianco in una chiesa di Charleston. Una canzone su un simile evento è facile immaginarla, nel peggiore dei casi, retorica o radical-moralista. Un po’ lo è. Tuttavia, il presidente che canta Amazing Grace non è più Barack Obama, riformista deludente, ma una figura quasi mitica che in una certa situazione fa l’unica cosa giusta: cantare Amazing Grace, appunto.
Joan Baez e la guerra
Benintenzionato parrebbe anche un altro titolo, I Wish The Wars Were All Over, che fa anche pensare, per forza di cose, al guerrafondaio successore di Obama. Si tratta di un traditional settecentesco in parte riscritto da Tim Eriksen ed è un vero grido di dolore lanciato invano: le guerre non finiranno mai e i poveri le perderanno sempre. Non quello che avrebbe immaginato la stessa Baez ai tempi di We Shall Overcome.
Doverosa è la menzione, infine, per Silver Blade, composizione dell’ottimo Josh Ritter. Strutturata, per musica e testo, come una ballata tradizionale, potrebbe essere un inno perfetto per il movimento #MeToo. Racconta infatti la drastica vendetta di una donna nei confronti dell’uomo ricco e cinico che l’ha violentata. Una carriera che iniziò nel 1960 con Silver Dagger, primo pezzo del primo album, potrebbe ora chiudersi al luccichio di un’altra lama. Che non sia poi così buonista Joan Baez?
(*) Incisa a nome Antony & The Johnsons nel 2008
Be the first to leave a review.