Sempre atteso e sempre sorprendente: Julian Cope non delude con England Expectorates.
Premessa: è probabile che questa sia la prima recensione in italiano del nuovo lavoro di Julian Cope, England Expectorates (Head Heritage). Il disco l’ho ordinato sul suo sito il giorno dell’uscita ed è, miracolosamente, giunto dopo circa due settimane da Albione, quindi i tempi postali si son ridotti rispetto all’ultimo Stranglers che arrivò dopo due mesi e, soprattutto, scordatevi di trovarlo in streaming o affini, quindi spero primizia assoluta e vanto per TTR.
Eccomi qui quindi nuovamente ad affrontare un disco di Julian Cope, artista che, dalle sponde del Lago Placido sul finire degli anni 70, è arrivato a questo 2022 con 13 canzoni leggeressimamente fuori tempo massimo in termine di testi ma che sono vestite di quella acidissima e personalissima foggia psichedelica che consegnò nel passato songs preziose e godibilissime. Cope ha virato verso generi non proprio confacenti al sottoscritto affrontando stoner, hard e pure qualche episodio pseudoambient, ma è nella sua capacità compositiva di canzoncine stranite e acidificate o di pura marca Teardrop Explodes che trova la mia più ampia, anzi, pure joy nella fruizione e qui ci siamo.
La prima delle due Phases che compongono il disco
L’album che è diviso, come costume del Cope, in due Phases, si apre con la title track furbetta che cita un noto riff molto motorik dei Can per accompagnarsi tra il bucolico e il pagano e prosegue con Exiled on Hoy, una cavalcata green infarcita proprio delle piccole invenzioni tipiche del periodo 20 Mothers. Hillary In Benghazi ci riporta al periodo Skellington, minimale ma ammaliante come le spire di Kaa. Prodigal Sun è grandissima celebrazione poppy di una delle sue passioni musicali ma, quantomai, esattamente all’opposto sonoro, ossia la band drone doom Sunn o))), una di quelle melodie che ti si incastrano subito nell’orecchio meno periferico. La marcia laica che accompagna Dickless and Ridic’lous la vorrei sentire nelle neochiese che si formeranno a breve, il titolo dice tutto, per i suoni siamo addirittura dalle parti dell’esordio. Lard Ass Of The Year è di nuovo un bizzarro intermezzo molto giocato su una progressione ieratica e anche qui il testo la dice lunga su alcuni scenari politici noti. Con I’m Bloody Sure You’re On Dope si chiude la prima fase, un piccolo episodio roccheggiante su uno dei temi preferiti dell’Arcidruido, che, diciamolo, rimane adorabile cazzone.
La seconda parte di Julian Cope – England Expectorates
La fase due di Julian Cope – England Expectorates si apre con un song, Boris-Good Enough, introdotta da un temino alla Wicker Man per diventare un attacco letterario ad una situazione che, all’uscita della song, è già cambiata… The Day After The Aberfan Disaster è bellissima e delicata nenia dedicata al crollo di una miniera nell’Aberfan avvenuto nel 1966 nel Galles e che per la neodefunta regina fu episodio che non la mise nella luce in cui tanti, in questi giorni-coccodrillo, la pongono.
All The Ying-Yang That Give It Away riporta un pò di solarità per avvicinarsi alla Heaten Nigth brano quasi swamp con tematiche care al nostro, I Know What It’s Like To Be Believe è santino dedicato alla band che spalancò le porte delle percezione sia nei suoni che nel cantato e introduce il finale che aspettavo, ovvero quella Cunts Can Fuck Off la cui uscita in versione singolo a metà estate, aveva assai alzato le aspettative per l’album in uscita e che, per il sottoscritto, si conferma inno eterno da cantare tutti i giorni e pure qualce notte.
Non un disco perfetto, ma…
Dal punto di vista produttivo il disco deluderà qualche perfezionista, non essendo citato alcun musicista a parte un ospite alla tromba, credo che il disco sia stato completamente suonato e registrato da Cope in era pandemica (se ne deduce specie nelle liriche), alcune songs erano già note nei live di qualche anno fa, tipo Cunts che però, ripeto, per è sempre attuale, e ci sono errorini tecnici che potevano essere evitati tipo come vengono ferocemente sfumate le prime due songs ma per me, ad oggi, disco dell’anno e per avermi restituito un Cope dedito alla forma canzone più fruibile e concisa che mi auguro prosegua senza farmi attendere altri due anni. Che il padre di tutti noi ce lo conservi.
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