Anno prolifico, questo 2016, per la trentenne poetessa londinese Kate Tempest. Dopo la pubblicazione del romanzo The Bricks That Build the Houses (Bloomsbury) ecco in uscita il suo secondo album Let Them Eat Chaos. Prodotto ancora una volta da Dan Carey, insieme al quale nel 2014 aveva ricevuto una nomination al Mercury Prize per Everybody Down – album di esordio.
Let Them Eat Chaos: una hip-hop opera?
Un poema in musica che racconta di sette giovani abitanti di Brockley (Londra sud). Si ritrovano svegli alle 4:18 della mattina, durante un temporale. Tempest presenta ciascuno dei personaggi in brevi recitativi che sfociano in ipnotici groove funk/house/dubstep. Il suo è un flow impeccabile, porto in un accento del sud di Londra fiero di sé. Vista la bellezza dei testi, è importante segnalare che sono pubblicati integralmente presso la Picador.
Kate Tempest come Ken Loach
Ed ecco Esther, l’esausta badante della strepitosa Europe Is Lost, che stappa una birra mentre considera le condizioni del mondo. E poi l’insonne Gemma di Ketamine for Breakfast che considera il suo passato di tossicodipendente. E ancora: Bradley, che nonostante il suo buon lavoro prova un senso di straniamento nei confronti della vita. E Zoe, che si accinge a lasciare il suo appartamento che non può più permettersi da quando il padrone di casa ha alzato l’affitto. Viene in mente l’opera di Ken Loach nel modo in cui mostra l’impatto delle scelte della vigente classe politica sulla quotidianità dei suoi giovani personaggi.
Estremamente toccante il finale (Breaks/Tunnel Vision) che vede i sette protagonisti di quest’opera uscire in strada. Vicini di casa che si incontrano per la prima volta, tutti attratti dal temporale e dal bisogno di un contatto umano. Un breve momento di comunione che sembra offrir loro un senso di speranza.
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