Khruangbin: un nome insolito per il trio di Houston al terzo album con Mordechai.
Khruangbin sono un trio, Laura Lee al basso, Mark Speer alla chitarra e Donald Ray “DJ” Johnson Jr. alla batteria, e vengono da Houston, Texas. Hanno un debole per le musiche del mondo, come testimoniano i primi due dischi e anche questo buffo nome che arriva da una parola thailandese che dovrebbe significare macchina volante o forse aeroplano.
Una post-disco minimale
In questo terzo album, Mordechai, dopo un EP con Leon Bridges del 2020, di cui avevano aperto un tour un paio d’anni fa, i Khruangbin orientano la loro musica verso una post-disco minimale venata di psichedelia. Definizione bizzarra, mi rendo conto, ma non saprei definire altrimenti i sapienti intrecci ritmici con coretti di First Class o l’incedere alla Crown Eights Affair (siamo a New York, negli anni ‘70) di Time (You and I).
Khruangbin - Mordechai: un disco piacevole
Connaissais de Face è costruita su un dialogo per ricordare una sorridente barista di nome Stacy, purtroppo scomparsa; nella strumentale Father Bird, Mother Bird la vena psichedelica esce finalmente allo scoperto così come in One to Remember, il brano più riuscito e malinconico.
Anche il ritmo latino di Pelota non sposta di molto gli equilibri e il limite a questo disco è proprio quello di non osare qualcosa in più, se non solo a tratti. Il suono è sempre sommesso, quasi fosse già destinato a far da sottofondo a un tramonto sognante in compagnia di un buon cocktail e del partner giusto. Si resta piacevolmente ad ascoltare e a guardare il sole che rosseggia scomparendo dietro l’orizzonte; ma alla fine ci si trova soli, a veder sfilare i titoli di coda.
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