King Gizzard & the Lizard Wizard arrivano freschi al ventisettesimo disco: Phantom Island.
Musicisti prolifici, filantropi impegnati in cause ambientali e umanitarie, instancabili suonatori e autentici “eroi della classe operaia”: i King Gizzard & the Lizard Wizard sono ben più di un semplice gruppo rock. Difficili da classificare, sanno intrecciare in un solo brano le influenze più disparate, con un approccio caleidoscopico che si riflette anche nella scelta degli strumenti. In Phantom Island spiccano fiati e archi perfettamente integrati nel tessuto sonoro, mai relegati a mero abbellimento (sono ben 27 gli elementi coinvolti, oltre ai sei componenti della band).
I re del rock australiano non si fermano mai
Inseriti dalla rivista Rolling Stone Australia tra i più grandi artisti aussie di tutti i tempi, i King Gizzard giungono al loro ventisettesimo album con una freschezza davvero invidiabile. Nei solchi di questo nuovo lavoro si respira non solo sperimentazione, ma anche l’entusiasmo autentico di chi continua a scrivere nuove canzoni — o, meglio, vere e proprie composizioni.
La grande novità del disco risiede proprio nell’uso delle orchestrazioni, una sperimentazione che arricchisce il suono senza cadere nei cliché, ma anzi potenziandone la profondità. Un lavoro di altissimo livello, curato dal tastierista e direttore d’orchestra Chad Kelly, che ha seguito gli arrangiamenti orchestrali con raffinatezza e misura.
Phantom Island: c’è qualcosa di nuovo in casa King Gizzard
Anche nei testi abbandonano i riferimenti fantasy che avevano caratterizzato gli album precedenti per affrontare temi più concreti, legati alla vita e ai suoi imprevisti. Deadstick racconta di un pilota in caduta libera che contempla i suoi ultimi istanti su un tappeto rock dai toni kitsch, con un ritornello orecchiabile che allude alla perdita di controllo sull’aereo. In Aerodynamic, invece, il protagonista — colpito da un fulmine — accetta con fatalismo il proprio destino acquatico, riflettendo sul fatto che anche gli squali devono pur mangiare. Ma non tutto ha un epilogo tragico: in Sea of Doubt, un uomo alla deriva in mare senza meta né soccorso riesce a resistere, sorretto simbolicamente dal potere dell’amicizia.
E la musica? Un autentico crogiolo di stili, in cui i King Gizzard si muovono con naturalezza e audacia. Dominano le sonorità classic rock, che ricordano a tratti gli Allman Brothers, come in Deadstick o Sea of Doubt — quest’ultima caratterizzata da incursioni psichedeliche. Non mancano suggestioni folk dal sapore mediorientale (Lonely Cosmos), né aperture melodiche come in Eternal Return, che si espande verso territori funky.
Così, mentre ci rammarichiamo per l’assenza di date italiane nel loro tour, non ci resta che consolarci con questo nuovo, sorprendente album: King Gizzard – Phantom Island è un concentrato di musica autentica, come se ne sentono sempre più di rado.
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