Lair – Ngélar

Esce per la Guruguru Brain il secondo disco degli indonesiani Lair: Ngélar.

I Lair vengono dall’Indonesia e con Ngélar sono al loro secondo disco. Sono un sestetto, la loro città è Jatiwangi, il più grande produttore di piastrelle del Sud-Est asiatico, il che spiega perché utilizzino anche strumenti di terracotta e il suolo, la terra sia un tema presente nelle loro canzoni. Del resto la loro musica è molto legata alla loro zona e ai problemi della popolazione residente, dai raccoglitori di canna da zucchero ai pescatori, ai problemi causati dalla presenza di una delle più grandi fabbriche Nike dell’Asia. Il nome dell’album fa riferimento a gruppi di musicisti che girano per i villaggi portando la loro musica, un po’ come i griot africani. Il disco esce per la Guruguru Brain, etichetta di Go Kurosawa dei Kikagaku Moyo che produce anche il disco.

La musica dei Lair fra modernità e tradizioni

La musica dei Lair è un funk psichedelico ipnotico e selvaggio, in certi momenti, per esempio nel brano iniziale, il trascinante e galoppante Tatulu, echeggiano i ritmi frenetici dei Goat, ma anche l’accavallarsi delle voci ci può rimandare al canto orgiastico degli svedesi. Non mancano però canzoni più contemplative, nelle quali prevale il dolore per una vita devastata da un’industrializzazione dirompente che sta stravolgendo la vita sociale e la natura del luogo. Ma è tutto il disco che emana un fascino profondo che non è dato tanto da quel che di esotico può suonare alle nostre orecchie, bensì dalla capacità di costruire brani energici, affascinanti che si avvalgono di influenze orientali, come il Panturan Tarling, un folk utilizzato per narrazioni teatralizzate che permea anche il carattere di racconto dei loro testi, o le phin band tailandesi richiamate in certi duelli di chitarre in brani come Mencari Salamat e Tanah Bertuah. In questo senso i Lair li possiamo accomunare a quelle band nate in Occidente, ma che sono profondamente innamorate dei ritmi e delle tradizioni musicali non occidentali come i citati Goat, gli Altin Gün o i Khruangbin.

I Lair ospitano Monica Hapsari in tre canzoni di Ngélar

In Pesta Rakyat Pabrik Gula su cupe percussioni e una chitarra ipnotica si innesca il canto salmodiante e ieratico che trasuda dolore e indignazione per i danni provocati dalle estese piantagioni di canna da zucchero. Hareeng disegna coi synth atmosfere morbide e sognanti, mentre Boa Boa cresce  nel ritmo di rotolanti percussioni e chitarre psichedeliche.

Ulteriore punto di forza del disco è la partecipazione dell’artista, polistrumentista e cantautrice Monica Hapsari che in tre brani di cui è anche coautrice dà un decisivo contributo con il suo synth e con la sua voce potente ed evocativa, nella bellissima Bangkai Balantara le atmosfere si fanno sempre più cupe e inquiete, le voci spiritate, in Kawin Tebu si accentua il carattere sperimentale del disco e in Setan Dolbon il suono torna incandescente e irresistibile come degli Altin Gün dell’Estremo Oriente prima di una furiosa e diabolica esplosione finale con uno splendido duello di chitarre, qui esplode il carattere più gioioso ed energico dei Lair. Disco consigliatissimo a chi ha amato le band citate e fra le cose migliori di questo primo scorcio dell’anno.

Lair – Ngélar
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Nato nel 54 a Palermo, dal 73 vive a Pisa. Ha scritto di musica e libri per la rivista online Distorsioni, dedicandosi particolarmente alla world music, dopo aver lavorato nel cinema d’essai all’Atelier di Firenze adesso insegna lettere nella scuola media.

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