Decimo album per Laura Veirs.
Laura Veirs raggiunge senza troppo clamore il traguardo del decimo album, e, nella foto di copertina, ne sembra piuttosto orgogliosa, ma con una punta di incredulità… Forse è stata fotografata mentre veniva a conoscenza dell’elezione di Donald Trump (evento contemporaneo alla lavorazione dell’album).
Da cinque anni, dopo il convincente Warp And Weft, la cantautrice del Colorado non usciva con un disco da solista, anche se nel frattempo ha partecipato al pregevole progetto tutto al femminile case/lang/veirs. Rispetto a certe asprezze degli inizi, in questo The Lookout le atmosfere sono rilassate e le sonorità semi-acustiche. Anche quando i testi affrontano temi forti, come il suicidio di una persona ( il brano d’apertura Margaret Sands) o la scomparsa di un artista come David Bowie (Heavy Petals) la grana è sempre fine e la musica dolce.
Laura Veirs e i suoi collaboratori
Occorre dire che assai importante è la presenza dell’abilissimo Tucker Martine (marito della Veirs e quindi in regime di conflitto d’interessi). Martine è stato spesso ‘‘uomo in più” alla console per molti dischi dei Decemberists di Colin Meloy, gruppo che ha ospitato a volte la voce di Laura Veirs. Altri nomi di peso figurano in The Lookout. Sufjan Stevens restituisce i favori ottenuti in passato cantando alla sua maniera in Watch Fire. Anche il leader dei My Morning Jacket, l’irsuto Jim James, partecipa vocalmente in un altro brano.
Gli ascolti ripetuti giovano a The Lookout
The Lookout è un disco di ballate e soffici country-rock, con belle melodie (su tutte la delicata e aerea The Meadow). L’ascolto ripetuto lo fa decollare, come spesso succede quando si affronta il repertorio di una delle tante cantautrici odierne. La chiusura, poi, è in crescendo. Zozobra è un brano ipnotico, vagamente sospeso, che rende conto di un rito di rinascita, tra fuoco, fiamme e mistero.
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