Il mistero di Amelia Earhart e la musica di Laurie Anderson
Tra il settembre e il dicembre 2023 il drone sottomarino Hugin 6000 ha effettuato l’esplorazione d’una vasta area adiacente l’isola di Howland, un atollo disabitato del Pacifico centrale che fa parte delle Isole Minori Esterne degli Stati Uniti d’America, tra Papua Nuova Guinea e le Hawaii. Il 2 luglio 1937, tentando l’avvicinamento a Howland, l’aereo Lockheed Electra con a bordo la trasvolatrice Amelia Earhart, pioniera del volo femminile, e il navigatore Fred Noonan, impegnati nel tentativo di circumnavigare il globo terrestre da occidente a oriente, scomparve e non se ne seppe più niente: è uno dei grandi misteri dell’aviazione.
Il 2 gennaio scorso Tom Romeo, ex ufficiale dell’intelligence dell’U.S. Air Force e amministratore della società di esplorazioni oceaniche Deep Sea Vision, che ha effettuato la ricerca, ha annunciato che un’immagine sonar incerta scattata dal drone a quasi cinquemila metri di profondità potrebbe avere ripreso, su un fondale sabbioso a centosessanta chilometri da Howland, il relitto dell’Electra. Più esattamente: un oggetto che, per dimensioni e forma, in particolare la caratteristica coda, ci assomiglia e si trova sulla presunta rotta della Earhart.
Romeo conta di tornare e mandare sott’acqua una telecamera per ottenere riprese che chiariscano la natura dell’oggetto. Se fosse veramente l’Electra, si tenterebbe di recuperarlo. Soprattutto, sarebbe la fine del mistero che da ottantasette anni ha lasciato in sospeso il destino d’una donna bella e avventurosa, esempio di ardimento, avanguardia, rivoluzione delle convenzioni sociali.
Lady Lindy e la musica
Scomparsa a ventidue giorni dal suo quarantesimo compleanno, simbolo a suo modo della condizione umana, Amelia Earhart non poteva non affascinare il mondo della musica. Il coinvolgimento più noto di Lady Lindy, com’era chiamata per assonanza con il più celebre dei trasvolatori dell’epoca, Charles Lindbergh, è quello che ne fa un’altra donna mirabile, Joni Mitchell, nella canzone Amelia che è il cardine d’un disco eccezionale sul viaggio qual è Hejira, 1976: sette anni fa la interpretò anche David Crosby. Nel ‘72 il gruppo folk rock britannico Plainsong dedicò alla trasvolatrice scomparsa l’intero suo primo e unico album: In Search of Amelia Earhart. Due anni fa, il gruppo new wave romano Zephiro fece la canzone Amelia. Adesso un’altra donna mirabile, Laurie Anderson, propone un disco che è piuttosto un’opera multimediale: neanche a farlo apposta, anche questo intitolato Amelia.
Laurie Anderson – Amelia
Il lavoro di Laurie Anderson, che oggi ha settantasette anni, non scaturisce da un’ispirazione recente. L’ultimo volo della Earhart già venticinque anni fa ispirò una sua performance, Songs for Amelia Earhart, presentata dal vivo alla Carnegie Hall nel febbraio del 2000 dall’American Composers Orchestra diretta da Dennis Russell Davies. Tre anni dopo fu riarrangiata per delle esecuzioni europee dell’Orchestra da Camera di Stoccarda. È del ’19 la versione definitiva per un concerto del trio d’archi Filharmonie Brno, nella stessa città della Moravia, che dà fisionomia anche all’album appena pubblicato.
Si tratta di musica e sonorità visionarie legate dalla tipica spoken word di Laurie Anderson dalle molteplici sfumature emozionali. L’ambiente auditivo, in ventidue frammenti dei quali il più breve dura trenta secondi, il più lungo poco meno di quattro minuti, per i complessivi poco più di trentaquattro dell’opera, simula in maniera sorprendente e teatrale, attraverso una ricerca certosina che s’intuisce ma che viene resa fruibile con sensibile immediatezza, l’immaginato flusso di coscienza di Amelia durante le diverse fasi della sua circumnavigazione del mondo fino alla sparizione.
Blogger ante litteram
La presenza della trasvolatrice diventa tangibile con la sua vera voce evocata in This Modern World: «Il mondo attuale della scienza e dell’invenzione è particolarmente rilevante per le donne, poiché le vite delle donne sono state interessate dalle sue nuove prospettive più di quelle di qualsiasi altra categoria». È un momento di riflessione, se vogliamo di orgoglio femminile piuttosto che femminista, dove il meccanismo d’identificazione tra il personaggio e l’autrice costituisce una suggestiva chiave di lettura. Altrove, l’esotismo dei luoghi si mescola a quello dei suoni, integrando ed elevando artisticamente linguaggi secondo quella modalità espressiva che costituisce la cifra stilistica della Anderson. Il senso più strettamente musicale può sembrare frenato, ma è soltanto se non si considera che archi, elettronica, spoken word, qualità e senso emotivo dei testi, attitudine sperimentale e visionaria, costituiscono un unico e armonico orizzonte narrativo.
Il risultato finale è una suggestione fortemente cinematografica da apprezzare liberando la mente e indossando un paio di cuffie per ascoltare senza interruzioni. «Le parole usate in Amelia sono ispirate ai suoi diari di pilota, ai telegrammi che inviava al marito e alla mia idea di ciò che avrebbe potuto pensare una donna che volava intorno al mondo» ha spiegato Laurie Anderson. La cui intuizione è che la Earhart fosse, per la sua capacità comunicativa amplificata dall’abile marito giornalista George Palmer Putnam, una «blogger ante litteram». Ecco, quindi, che la parola diventa, con il motore dell’aereo in costante sottofondo, una maniera di evocare e celebrare la libertà.
La narrazione sonora come rappresentazione
Ad accompagnare Laurie Anderson e la sua viola lungo la traiettoria di Amelia sono l’orchestra diretta da Dennis Russell Davies, il trio d’archi Filharmonie Brno, gli inserti strumentali di Marc Ribot, Rob Moose, Kenny Wollesen, Tony Scherr, la voce di Anhoni. È enorme la concentrazione di energia che si può cogliere nell’esperienza dell’ascolto. Sembra quasi che l’autrice intenda, anziché celebrare la Earhart e il suo percorso esistenziale attraverso il volo, connettersi con l’epica totalizzante dell’andare oltre che la sua avventura, malgrado la fine tragica, rappresenta.
L’eterno sforzo dell’essere umano di superare i suoi limiti e di connettersi all’infinito, con l’accezione che rappresenta quanto viene esercitato da una donna e l’ulteriore sfumatura che riceve dal vissuto proprio della trasvolatrice filtrato dalla sensibilità dell’autrice, viene trasceso attraverso l’arte visionaria e d’avanguardia della Anderson. L’intrattenimento, che comunque l’ascolto sottintende, ha un senso se lo si considera in una prospettiva multimediale che diventa essa stessa esplorazione attraverso un viaggio, insieme, auditivo e onirico. Per certi versi, la Anderson in Amelia ridefinisce che cosa, oggi, possa, anche, dirsi musica. Ciò in un disco prezioso, cercato, rifinito con sensibilità emotiva temperata dal grande rigore espressivo che, per trentaquattro minuti e un certo numero di secondi, rende Amelia Earhart e Laurie Anderson una sola persona.
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