Lavinia Blackwall e il tormentato fascino di The Making.
Abbiamo parlato su queste pagine un lustro fa dell’ottimo esordio solista della scozzese Lavinia Blackwall dopo aver lasciato la band Trembling Bells, e oggi salutiamo il suo nuovo lavoro The Making, pubblicato da The Barne Society. Il disco ha avuto una lunga gestazione (quattro anni) influenzata dall’alternarsi di momenti di tristezza e di gioia attraversati dalla Blackwall e dal suo compagno e produttore Marco Rea che, anche stavolta, è una presenza determinante per la riuscita del disco, nel quale suona chitarra, bouzouki, mandolino e tastiere. Accanto ai due c’è la stessa band che aveva suonato in Muggington Lane End: Jim McGoldrick al basso e Seb Jonsen alla batteria; flauti e ottoni compaiono poi in alcuni brani. Ma soprattutto c’è l’incantevole e affascinante voce soprano di Lavinia Blackwall che ci rimanda all’indimenticata Sandy Denny, ma anche a Grace Slick: non solo un ampio spettro emotivo, ma l’incanto di una bellezza pura e cristallina nel quale riluce un velo di persistente e irresistibile malinconia.
Il folk-rock autoriale di Lavinia Blackwall
The Making è un disco di folk-rock che si rifà alla grande tradizione di band come Fairport Convention, Pentangle e Incredible String Band, ma è anche un disco molto intimo e personale che per i testi possiamo definire cantautorale. Nella tradizione folk scozzese sono spesso presenti testi molto cupi, racconti di terribili sortilegi, ma anche di angherie e ingiustizie patite dai poveri contadini; qui il lato oscuro, noir è dato dalle inquietudini e dalle paure che la Blackwall mette a nudo nei suoi testi. L’accorata invocazione “Tienimi lontana dal buio” del brano iniziale ci dà in certa misura la chiave di lettura di buona parte delle canzoni, dove la consapevolezza di un presente doloroso (“Beh, sono tempi duri, tempi duri in questa terra”, da The Art of Leaving) si unisce alla ricerca di una via di uscita, di salvezza (“So che devo andare avanti, voglio arrivarci È una fantasia, è un mistero”, da Sisters in Line).
The Making, canzone per canzone
Il disco inizia con la meravigliosa Keep Me Away From the Dark una ballata folk a tinte scure che cattura col suo andamento circolare; segue una apparentemente più allegra The Damage We Have Done, il cui testo ci rimanda a immagini di una natura che si sgretola e di sogni che si infrangono. Scarlett Fever è un folk malinconico e una straordinaria prova vocale su un arrangiamento essenziale per piano e flauto. In My Hopes Are All Mine riflette sulla separazione dei Trembling Bells, notevole l’intricato arrangiamento che si apre nel finale con l’intervento degli ottoni, mentre sembra quasi uscire da un bizzarro musical la deliziosa A Morning to Remember. La title track ha un andamento arioso ed epico e We All Get Lost con le sue complesse armonie vocali parla della sua stressante esperienza di insegnante (“Ci perdiamo tutti/ E non voglio più passare un minuto in quello stato”).
Un album adorabile che ci mostra la piena maturità delle Blackwall e dei suoi collaboratori in una serie di canzoni bellissime, dalle melodie che catturano irresistibilmente, supportate da arrangiamenti che donano ampie e varie coloriture ai brani.
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