Il secondo capitolo di Collettivoinconscio firmato Luca Giuoco.
Sia ode all’intransigente coraggio di Luca Giuoco, ossimoricamente agitatore tranquillo di una cultura in declino, ove tutto è niente e l’effimero impera: giunto al secondo capitolo del progetto bifronte — in musica con Collettivoinconscio Vol.1, il cui primo capitolo già ne enunciò il programmatico intento, e con il blog collettivoinconscio.blogspot.com, dove invece è la parola a compiere l’impresa di farsi sonora (e qualcosa ne sa il sottoscritto, coinvolto in un ricco parterre des rois nel ruolo di consapevole giullare, dove si fu convocati a parlar di musica scritta e che qui propongo per vanità deleuziana: link), in quanto ebbi l’onor di essere citato nel titolo con la mia solita facezia letteraria.
Un passo avanti nella sperimentazione
Luca compie un ennesimo passo avanti nella ricerca di rendere materica la composizione, attraverso 7 passaggi la cui forma et sostanza di cose sperata viene resa possibile da interventi non più lunghi di 6/8 secondi, affidati a 44 diversi musicisti, sound artists, vocalist, attori e performer, che — remake-rimodellati, cuciti e resi organici dalla sapiente mano del demiurgo Giuoco — compongono un pantheon sonico che tanto sarebbe stato caro a Bryon Gysin ed al good ole uncle Bill.
In questo caleidoscopio il magma diviene linfa, il chaos si fa equilibrio, il noise è friendly, il corpus intero è un lupo cacciato da un gregge: detti e contraddetti per un pensar diverso e, come l’incipit derivante persin da Marco Aurelio, si monita l’astante che l’universo è cambiamento, ergo effingo quod crustulum, ma con una dirompenza intellettuale di rara, se non unica, capacità alchemica.
Le collaborazioni che arricchiscono il progetto di Luca Giuoco in Collettivoinconscio Vol.2
Il lavoro trova dunque la sua forza in un approccio che si apra a spazi del non conscio — che, si badi, inconscio non è — e le frequenze paion sovente esser strobo ad occhi chiusi; le voci ammaliano come sirene antiche e pagane, e cibernetiche al tempo stesso. Tra esse, la presenza di Elena M. Rosa Lavita, già in queste pagine celebrata (ma mai abbastanza), e di Annalisa Pascai Saiu, ugualmente già su questo schermo.
Partendo dall’intro affidato alla voce di Chiara Cappelli (Dictum), passando al mesmerismo di Panta Rei di cinematica impressione, si arriva all’oasi di corde di Metamorfosi di Cadmo e Armonia; Hitchyostega propone getti caldi e galasiane lallazioni, Respice Post Te non sfigura in un No Pussyfooting 2.0, Tre Ritratti di Sicilia è pura olofonia. Si giunge al termine della notte con Emperor of Change, seduti sui gradini di Céline aspettandosene il palesarsi in scialli e gatti.
Già pronti per il prossimo episodio
Sovente ci si spertica per novantagradismo genetico di pura matrice italica per proposte esterofile di ben minor spessore, e sorge sempre la domanda — rispetto ad alcuni eretici nostrani — quale risonanza maggior avrebbero avuto se nati fuor da stivale… Ecco quindi un rinnovato invito, già palesato nel parlar qui del suo lavoro Tessitore di Cenere (Materiali Sonori), a farsi una risonanza aurale e scoprire che Luca Giuoco è già dentro di noi.
Ovviamente mi candido per il prossimo episodio come permutatore sonoro del linguaggio…
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