Le scintillanti pene d’amore di Marlon Williams.
Marlon Williams viene dal sud della Nuova Zelanda, che essendo ai nostri antipodi, è un po’ come se fosse di Bergamo, ma a testa in giù. Dev’essere per questo che il vocione gli esce fuori così, un connubio piuttosto riuscito tra un Roy Orbison di cattivo umore e un tardivo Elvis Presley, quello con la salvietta attorno al collo. Nell’ugola di Williams risiedono anche evidenti assonanze con la voce di Taylor Kirk, leader dei più cupi e avventurosi Timber Timbre. L’esordio solista (inizio 2016) si avvicinava sovente al country, qui le cose cambiano abbastanza.
Secondo album per Marlon Williams
Make Way For Love (Dead Oceans) è uno di quei dischi che vengono dopo che la tipa ti ha lasciato; è successo a tanti artisti, qualcuno ci ha fatto ripartire la carriera, qualcuno ci ha scritto un brano da sei minuti pieno di insulti e così via… La ragazza del fattaccio fa il suo stesso mestiere, è la connazionale Aldous Harding, cantautrice assai promettente. Nonostante la situazione la Harding appare anche nel disco, duettando senza problemi con Marlon in Nobody Gets What They Want Anymore.
Make Way For Love si conclude con un filo di speranza
Tolto tutto questo gossip, senza il quale non si può ormai stare, Make Way For Love è un disco che scorre via in modo piacevole, scintillante nella parte musicale, ma con strati su strati di sofferenza ben evidenti nei testi. Ora, come bisognerebbe sempre chiedersi, per chi è questo disco? Forse piacerà a chi aveva apprezzato un artista come Chris Isaak e i suoi algidi dischi di un ventennio fa. Questi, però, rappresentavano meglio i tempi un po’ patinati in cui uscirono. Per tomtomrock il disco è una buona raccolta di vero easy-listening di classe, altalenante tra le influenze di cui sopra e senza grandi sorprese. Si stagliano, come luci nella notte, la ballata pianistica alla Procol Harum, Love Is A Terrible Thing e il bel brano che chiude il disco, Make Way For Love, titolo che suona quasi come un augurio.
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