Marti – King Of The Minibar.
Simile a un uomo del Rinascimento, Marti è un attore che ogni cinque-sei anni si trasforma in musicista. Qualche invidioso potrebbe obiettare: “Ma quale uomo del Rinascimento! Questo vuole fare lo splendido a tutti i costi”. Il rischio in effetti ci sarebbe, considerando che King Of The Minibar è un disco ambizioso, “pensato come una graphic novel ambientata in un hotel di Berlino a dieci stanze, tutte con il loro minibar, ognuna con il proprio ospite e la sua storia da raccontare”.
Temete gli attori-musicisti? Marti vi farà cambiare idea
Forse sarebbe meglio non sapere alcunché di Marti (il cui vero nome è Andrea Bruschi) e forse nemmeno fare caso all’architettura concettuale con cui ha strutturato King Of The Minibar, suo terzo e miglior lavoro dopo Unmade Beds e Better Mistakes. Anzi, questa è quasi certamente l’opzione migliore, poiché consente di apprezzare al meglio un disco che è bello e intrigante ‘a prescindere’. Un disco realizzato con grande cura, suonato con composta eleganza da Claudia Natili e Simone Maggi e racchiuso da un sontuoso artwork a firma Igort.
Ancora una volta Marti mette in campo i suoi amori sonici. Anzi, li mette in scena. Accanto ai personaggi delle canzoni (Mr. Sophistication, Evatima Tardo e gli altri) sembra infatti di vedere nella hall di quello stesso hotel David Bowie, Marc Almond, Nick Cave e il Mick Harvey che canta Gainsbourg. Anche se il paragone forse più pregnante è quello con il Gavin Friday anni ’80 di Each Man Kills The Thing He Loves e Shag Tobacco.
King Of The Minibar racconta un’Europa che sta sfiorendo
King Of The Minibar è opera struggente e a tratti epica (si ascolti su tutte End In Tears). Brano dopo tratteggia un’Europa bella, colta, raffinata e intelligente. Un’Europa che tutti abbiamo molto amato e che oggi è spazzata da venti sempre più cattivi. In un certo senso questo disco racconta la fine dell’Europa. Un complimento che porta con sé un brivido di freddo.
Be the first to leave a review.