Transform Then Into A Fish: A 84 anni Martin Carthy nuota ancora come un (tranquillo) pesce.
Martin Carthy è una figura fondamentale per il folk inglese. Si potrebbe persino dire che è il folk inglese. Il suo primo, omonimo (1), album del 1965 indicò a tutti come si poteva prendere una semi-dimenticata canzone popolare, darle un accompagnamento, un arrangiamento, a volte una nuova melodia e renderla di nuovo attraente. (Nel medesimo anno un altro ingegnoso giovanotto di nome Bert Jansch, con un disco altrettanto decisivo. spiegò come fondere e rielaborare folk e blues. Erano tempi ‘espansivi’ quelli)
A sessant’anni di distanza e dopo un decennio almeno di attività artistica ridotta, l’ottantaquattrenne artista ritorna a quell’epocale lavoro con una (quasi) rivisitazione intitolata Transform Then Into A Fish.
Idea di partenza e variazioni sul tema di Transform Me Then Into A Fish
Dell’opera originaria sono ripresi otto brani su 14, di cui sette tradizionali e uno firmato da Peggy Seeger ed Ewan MacColl. I rimanenti titoli sono stati eseguiti più volte dal vivo nel corso degli anni e uno è un classico assoluto del repertorio carthiano. A fungere da accompagnatrici provvedono la figlia Eliza Carthy al violino in tre brani e Sheema Muckerjee al sitar in altri tre.
Se in un certo periodo della sua carriera (in particolare metà anni ‘70) Martin Carthy venne accusato di eccessiva stentoreità nel canto, qui lo si ascolta in una veste quasi colloquiale, diciamo da esperto cantastorie del cottage accanto più che da Membro dell’Ordine dell’Impero Britannico qual è dal 1998. In questa dimensione anche le (poche) incertezze della voce sulle note alte suonano a loro modo rassicuranti e lo stesso vale per una chitarra oggi diventata meno ‘percussiva’.
Martin Carthy sa essere autorevole ma anche rassicurante
In un disco che riesce a suonare tanto autorevole quanto coinvolgente (solo Dream Of Napoleon annoia un po’), due sono i momenti che creano un qualche stupore. Il primo è Scarborough Fair, di cui Paul Simon si appropriò senza ringraziare per farne un hit mondiale (2). Dunque un pezzo epocale che il Nostro decide comunque di modificare ritoccando la melodia e accelerando appena il ritmo. Forse per dire che Scarborough Fair è soprattutto ‘sua’.
Ancor più insolita è la rivisitazione di The Famous Flower Of Serving Men, registrata per la la prima volta sull’album Shearwater (1972) e da allora reinterpretata più volte. Qui Carthy, consapevole delle limitazioni da ottuagenario del suo canto, fa di necessità virtù recitando le 32 (!) strofe senza accompagnamento strumentale. D’altronde si tratta di una sorta di turbo-ballata contenente sicari crudeli, un travestimento donna-uomo, animali magici e/o parlanti, un re innamorato e giustiziere e la morte sul rogo, con dettagli macabri, della cattivissima mandante dell’assassinio. Insomma, basta la storia per restare avvinti.
Non è solo nostalgia Transform Me Then Into A Fish, è lo stato dell’arte di un musicista che ha ancora voglia di lavorare sulla musica e di dire cose nuove con la musica (lo dimostrano i toni arcani e misteriosi di violino e sitar). E l’età significa sapienza più che stanchezza.
(1) Nelle successive ristampe verrà accreditato a Martin Carthy & Dave Swarbrick.
(2) Ne nacque una controversia legale di cui Carthy oggi un po’ si vergogna ma che rese amici i due musicisti.
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