Ritorna la musica rivoluzionaria di Mdou Moctar: Funeral for Justice.
Rivoluzione e musica, un connubio che una volta era indissolubile; se forse non sempre nella volontà dei musicisti, esso era intimamente vissuto dal pubblico che accorreva ad affollare i festival pop e a comprare i dischi. Oggi che la musica è diventata in gran parte genere di consumo e di divertimento, sono soprattutto i musicisti provenienti dal mondo non occidentale che uniscono musica e impegno politico e sociale. Fra questi spiccano i musicisti tuareg e in particolare Mdou Moctar, artista ed eccelso chitarrista nigerino, autentico erede di Jimi Hendrix, e spirito indomito e rivoluzionario. La sua fiammeggiante stratocaster è un inno alla rivolta, una metaforica molotov sparata contro lo sfruttamento e il colonialismo.
Il più grande chitarrista vivente
Non ho timore a dire che oggi Moctar è il più grande chitarrista vivente. Il suo stile agile fa sì che ogni nota sembri fluire con avvolgente naturalezza anche quando esplode in riff polverosi e infuocati come la sabbia del deserto. Moctar ha fuso in modo mirabile il caracollante e ipnotico blues del deserto alla Tinariwen con la tradizione rock classica, quella basata sulla chitarra elettrica, e con l’indie rock. La sua chitarra e la sua voce sono l’elemento centrale della band che prende il suo nome ed è composta dagli stessi musicisti che hanno partecipato al precedente Afrique Victime: il batterista Souleymane Ibrahim, il chitarrista ritmico di Ahmoudou Madassane e il bassista dell’americano Mikey Coltun, che ha anche prodotto Funeral for Justice, pubblicato dalla Matador.
Funeral for Justice parte con un riff di Mdou Moctar
È un riff acido e sporco che apre la title track per poi distendersi in ondate di rock tumultuoso e frenetico, splendido l’interplay fra solista e ritmica, mentre la batteria di Souleymane Ibrahim percuote i tamburi come fossero pietre da scagliare contro le ingiustizie, tre minuti perfetti e impetuosi come il testo che chiede ai leader africani di sganciarsi dall’abbraccio mortale del colonialismo francese e americano, cosa che l’attuale governo nigerino sta facendo in questi mesi.
In Imouhar siamo nelle coordinate del desert blues, ma la circolarità ritmica esplode in uno degli assolo di chitarra più belli mai ascoltati, Moctar fa gemere, sussultare, infuocare il suo strumento lasciandoci senza fiato, il testo è un grido contro il pericolo di sparizione della lingua tamasheq.
Travolgente psichedelia africana
Takoba rallenta in un brano ipnotico e psichedelico e Imajighen è un canto collettivo che ci trasporta in un rito collettivo da notte del deserto, ma con Sousoume Tamacheq con il suo incipit noise e con Tchinta riecco le chitarre distorte e la band che si accende inesorabile, poi Djallo #1 in 25 secondi di suoni e voci ci ricorda che ciò che stiamo ascoltando è musica figlia dell’Africa. L’ipercinetica Oh France ti travolge come un treno in corsa, elettronica e basso sporcano, le chitarre oscillano fra riff taglienti e distorsioni rabbiose, mentre il disco si chiude con Modern Slaves, un accorato appello al mondo perché non si volti dall’altra parte di fronte allo sfruttamento e all’oppressione: “ Oh, mondo, perché sei così selettivo riguardo agli esseri umani / La mia gente sta piangendo mentre ridi”. Dopo aver alzato i livelli di adrenalina qui si sceglie un brano prevalentemente acustico, un momento di raccoglimento ideale con il suo popolo e un finale perfetto, una sorta di quiete dopo la tempesta.
In Funeral for Justice Mdou Moctar dà il meglio
Funeral for Justice è la perfetta simbiosi fra una musica meravigliosa, eccitante, travolgente e la capacità di comunicare emozioni e sentimenti come rabbia, dolore, gioia e voglia di vivere, speranza, delusione, spirito di rivolta. Senza dimenticare il messaggio politico forte e combattivo che vuole trasmettere, tanto più necessario in un momento in cui davvero sembra celebrarsi nel mondo il funerale della giustizia e mentre i venti di guerra soffiano sempre più forti. Se una musica può salvarci, questa è la musica di Mdou Moctar.
Be the first to leave a review.