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Space Trips for the Masses – il difficile viaggio siderale dei Modern Stars

Giunti ormai al terzo lavoro in tre anni i frusinati Modern Stars, – Andrea Merolle voce e chitarra, Andrea Sperduti batteria e Barbara Margani voce, mentre al basso c’è Filippo Strang – si consolidano come una delle realtà più interessanti in ambito psichedelico. Se il precedente Psychindustrial era un concept ispirato alle visioni distopiche di Orwell e Huxley, dominato da un’atmosfera cupa e angosciante, questo Space Trips for the Masses (Little Cloud Records) si apre a una piccola fiammella di illusoria speranza. Non più la lotta per sfuggire all’oppressione di una società totalizzante, ma la ricerca di una felicità interiore da trovare in un viaggio spaziale che non vedrà però il ritorno a casa.

Ogni disco va vissuto come un unico viaggio e non come un susseguirsi di canzoni, secondo le dichiarazioni degli stessi musicisti, e in effetti il consiglio migliore è avventurarsi fra i solchi e farsi guidare dalla musica, molto cinematica e immaginifica, seguendo le vicissitudini del suo protagonista, l’astronauta solitario e smarrito ritratto nella bella copertina. Come Blows Against the Empire di Paul Kantner, ma lì il viaggio spaziale era un’esperienza collettiva di liberazione; ora, l’impresa è invece individuale, segno di tempi nei quali la speranza di un riscatto collettivo sembra essere definitivamente tramontata e rimane lo smarrimento e l’inquietudine dell’uomo di fronte a forze sempre più predominanti e oppressive.

Modern Stars – Space Trips for the Masses: un disco esperienziale

Il viaggio inizia con la cantilenante e ipnotica Starlight, ai campionamenti di voce della NASA succedono la voce distorta di Merolle e chitarre acide, un mandolino metallico e la voce soprano di Barbara Margani a creare l’effetto spaziale. Siamo partiti, ma per destinazione ignota e questo senso di smarrimento è reso dai suoni sincopati e dal ritmo ossessivo di Monkey Blues. Con No Fuss il viaggio prosegue in una spirale di droni ossessivi fra chitarre e synth imploranti e la voce di Margani che sembra provenire da altri mondi interstellari, a tratti ricordando certi finali dei CSI. La prima facciata si conclude con My Messiah Left Me Behind, brano lirico e potente con i gorgheggi di Barbara che disegnano scenari apocalittici su un tappeto di suoni strani e irrequieti.

Il lato B si apre con il mantra ipnotico di Everyday, un’apertura di speranza e gioia che allenta la presa cupa e oscura dell’album, mentre la successiva Drowning ci fa piombare nell’incubo spaziale dell’astronauta sperso nelle profondità dello spazio più lontano; droni, synth, chitarre che suonano come raga indiani, una batteria implacabile, il canto freddo, monotono, meccanico di Merolle creano un effetto di straordinario spaesamento, di un percorso lisergico dalle imprevedibili direzioni. Chiude il viaggio la personale rielaborazione di Ninna Nanna, unico brano in italiano: inizia con uno stralunato campionamento mozartiano poi è la sola voce meravigliosamente ipnotica di Barbara Morgani che fra chitarre fuzz e droni a spirale ci concede un ambiguo momento di quiete finale.

L’originale suono dei Modern Stars, che si nutre di influenze shoegaze nelle atmosfere cupe e depresse, di rimandi ai ritmi ossessivi e alle aperture spaziali del krautrock e di band come i Magma, ma anche delle inquietudini urbane dei Velvet Undreground e della psichedelia utopica e fantascientifica, si conferma come una delle esperienze di ascolto migliori che si possano fare oggi.

Modern Stars – Space Trips for the Masses
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Nato nel 54 a Palermo, dal 73 vive a Pisa. Ha scritto di musica e libri per la rivista online Distorsioni, dedicandosi particolarmente alla world music, dopo aver lavorato nel cinema d’essai all’Atelier di Firenze adesso insegna lettere nella scuola media.

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