Neville Staple – Return Of Judge Roughneck
Ah, quelli erano giorni… Londra bruciava e tutto divenne black & white, anzi 2TONE…
Neville Staple, autodefinitosi The Original Rudeboy, era, a fine anni ’70, un giovinetto che si aggirava per Coventry in compagnia di sodali talmente speciali da farsi chiamare The Special A.K.A. , in seguito The Specials, per poi tornare, rinnovati ma con altre voci, Special A.K.A. e cooperare attivamente e musicalmente alla causa della liberazione di Nelson Mandela.
Ecco, quando si cantava su Nelson, Neville era già un Fun Boy Three, uno dei tre ragazzi divertenti insieme a Lynval Golding, altro fratello, e al pallido Terry Hall che da li sarebbe partito per una serie di progetti limitati solo dal proprio personale malessere.
Neville Staple: lo ska (anche) come azione politica
Se la casa madre Specials aveva quindi contribuito, anche politicamente (già, anni fa la musica aveva anche un impatto politico…), a rendere un genere come lo ska, nato come perturbazione danzereccia del reggae, musica nuova e, a tratti, disturbante, il presente vede l’ottimo Neville rendere omaggio al quel percorso. Lo fa riappropriandosi delle roots vere e proprie del genere e regalando una performance vocale che non è invecchiata di una nota.
Return Of Judge Roughneck, recupero di un personaggio già presente in Stupid Marriage dal primo disco degli Speciali, si apre con un’introduzione che ai vecchi fan apparirà nota, per poi fluire, invece, in un solido rock steady che ci accompagna, con estrema dovizia esecutiva, per il resto dell’album. Un album che immaginiamo essere stato concepito come vero e proprio atto di gratitudine a un’epoca sempre più lontana nelle musiche e vicina nelle antropologie.
Return Of Judge Roughneck commuove e fa battere il piedino
Difficile non commuoversi alla riproposizione di Enjoy Yourself in una versione spogliata del baccano originale, così come intenerisce la cover di The Lunatics (della ditta Fun Boy Three) resa con guascona piacioneria. E difficile è pure tenere i piedini fermi con le restanti songs che spero accompagnino molti tragitti con i finestrini aperti.
Dubbin‘ in fundo, l’opera è accompagnata da un ulteriore cd di versioni dub, buone soprattutto per dancefloor jamaicani e non (il genere tutt’ora gode di estimatori anche sugli italici lidi).
Insomma, bentornato good ol’ Neville…
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