Sempre difficili da classificare, tornano i No Age con Goons Be Gone.
Duo in attività da ormai quindici anni, i No Age sono i losangelini Randy Randall (chitarra) e il lead singer, nonché batterista Dean Spunt. Difficilmente incasellabili in un unico genere musicale, i due amano oscillare fra punk, rock e noise, pennellando le proprie composizioni con venature indie che contribuiscono ad accrescere la fama di band trendy e anticipatrice di mode e tendenze che li accompagna dagli esordi.
Passati sotto l’egida della Drag City nel 2018, in occasione della pubblicazione del loro quarto album in studio, il magnifiico e acclamato Snares Like a Haircut, i due replicano, a distanza di due anni, in questo debutto di mese di giugno, con Goons Be Gone, un disco che ci pare inaugurare sotto i migliori auspici una stagione musicale estiva ancora piena di dubbi e incertezze.
Un disco maturo
Goons Be Gone, diciamolo subito, è un disco maturo e, a tratti, sfrontato. Le consuete cadenze noise assumono, traccia dopo traccia, spessore e consapevolezza, mescolandosi a sonorità psichedeliche, distorsioni e riverberi, fino a tessere una trama musicale complessa e coinvolgente. L’iniziale Sandalwood dà subito la misura di quella che sarà la cifra stilistica dell’album: il ritmo indiavolato, scandito dalla batteria di Spunt, si intreccia con tanto raffinati quanto incalzanti riff di chitarra assicurati da Randall. In una ricercata alternanza di luci e ombre, la successiva Feeler aggiunge sfumature decisamente brillanti e solari al disco, in quello che si presenta da subito come un classico brano punk, dominato dal cantato inconfondibile, a tratti mod, di Spunt.
Le prime due tracce fanno da perfetto preludio all’intrigante Smoothie, resa ancora più accattivante da ipnotiche cadenze dreamy, sottolineate da una chitarra che a tratti riecheggia quella di Jonny Greenwood dei Radiohead: una lunga cavalcata in un paesaggio notturno e ultraterreno. La luce ritorna con l’interlocutoria Working Stiff Takes A Break che sfuma nella scatenata War Dance, in un repentino cambiamento di ritmo che inietta una buona dose di energia al disco.
No Age – Goons Be Gone: punk, noise, ambient si intrecciano
Il passaggio dalla prima alla seconda parte dell’album è segnato dalla strumentale Toes in the Water, un momento sperimentale, nel quale riverberi, distorsioni, percussioni e una miriade di altri suoni, in dialogo, contribuiscono a replicare quasi perfettamente il sottofondo sonoro di una foresta lussureggiante. Si tratta in realtà di una brevissima pausa, perché la sequenza finale del disco ci riserva ancora belle sorprese, a partire da Turned to String, uno degli episodi migliori di Goons be Gone. Le consuete sonorità punk e noise sono ingentilite da venature psichedeliche e movenze rock d’antan. Brano insolito ma decisamente coinvolgente, A Sigh Clicks ci accoglie con un ritmo disturbante e ossessivo, mentre la parte cantata non fa che accrescere una sensazione di straniamento generale che non ci abbandona fino alla fine.
La cavalcata finale
È probabilmente il pezzo più sperimentale dell’album che ci introduce alla straordinaria sequenza finale, composta da Puzzled, Head Sport Full Face e Agitating Moss. Perfetta fusione di noise, punk e psichedelia, i tre brani ci pare siano la lente di ingrandimento attraverso la quale leggere l’evoluzione della band, che con questo nuovo disco ci regala un punk-rock allo stesso tempo energetico e sperimentale senza correre il rischio di scontentare né i fans di vecchia data, più esigenti, né eventuali ascoltatori neofiti. Goons Be Gone merita senza dubbio una nota più che positiva.
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