La stella del queer country Orville Peck duetta con tanta gente famosa in Stampede.
Nel 2019, con un disco intitolato Pony, entra in scena Orville Peck, il cowboy molto misterioso, molto mascherato e molto gay: immagine forte e canzoni che nei suoni risultano abbastanza nashvilliane, mentre nei temi ‘scabrosi’ lo sono ben poco. Tre anni dopo arriva Bronco dove i suoni s’ingrossano e la maschera si rimpicciolisce. Pur inferiore al precedente nei suoi turgidi ammiccamenti pop, l’album riesce nell’impresa di far diventare Peck e il suo queer country abbastanza ‘stuzzicante’ per il mainstream.
Orville Peck affronta un classico del country: l’album di duetti
La notorietà porta a un ulteriore restringimento della maschera (astuta mossa di marketing o crescente fiducia in se stesso?) e soprattutto a un passo importante quale un album di duetti. In ambito country si tratta di un passaggio pressoché obbligato per certificare lo status di star di qualunque artista. Orville Peck ci arriva già con il terzo album e con un cast mica da poco.
Stampede vede infatti la presenza di nomi importanti della musica – country e non – come Willie Nelson, Elton John, Kylie Minogue, oltre a figure di notorietà più recente o recentissima quali Diplo e Teddy Swims. Per rassicurare i tipi indie c’è Beck e per chi cerca il country alternativo ecco Margo Price. Neppure il mercato ‘latino’ viene dimenticato grazie a Bu Cuarón, figlia del regista Alfonso). Come a dire la realizzazione di una serie di sogni tranne uno: Dolly Parton (lo racconta l’interessato in quest’intervista).
Il repertorio di Stampede
Il disco parte molto bene con la programmatica Cowboys Are Frequently, Secretly Fond of Each Other, scritta da Ned Sublette nel 1981 e fatta meglio conoscere da Willie Nelson (countryman sempre piuttosto atipico) nel 2009. È un affascinante di voci molto diverse fra loro che suona come l’incontro fra due generazioni del country alle prese con un tema da sempre ‘imbarazzante’ per quel genere musicale.
Il resto dell’album, che contiene sia cover sia brani originali, non è sempre allo stesso livello. I momenti crossover suonano troppo confezionati (incluso il simil-r&b Death Valley High di Beck-Peck), anche se non dispiace l’epica Midnight Ride con Diplo e un’ammiccante Kylie Minogue. Quanto alla ripresa di Saturday Night’s Alright (For Fighting) di e con Elton John il risultato non aggiunge nulla all’originale.
Orville pare trovarsi particolarmente a suo agio quando il suo baritonone incontra le voci femminili e il contesto strumentale tende all’acustico. Lo dimostrano Back at Your Door con Debbii Dawson e Papa Was A Rodeo (di Stephin Merritt/Magnetic Fields) con Molly Tuttle e ancor di più l’altro titolo esplicito della raccolta, la resa dei conti coniugale You’re an Asshole, I Can’t Stand You (and I Want a Divorce) in cui benissimo si esprime Margo Price (epoi c’è “horse” che rima con “divorce”…). Usando suoni appena più corposi funziona bene l’avvolgente e disillusa Chemical Sunset con Allison Russell, forse il momento migliore del disco.
È un buon disco discontinuo Stampede, tuttavia contribuisce, insieme a Cowboy Carter di Beyoncé a una importante revisione queer+black del mondo musicale stelle-strisce-country-nashville-cowboy-rodeo. Certo, dietro c’è l’industria dell’intrattenimento, tuttavia pensando a come masticano chewing-gum amaro i bravi americani orfani di Toby Keith ogni critica decade.
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