Inatteso o forse no? Paul McCartney – McCartney III Imagined.
Bel casino. Una operazione di questo genere proprio non me l’aspettavo. Breve premessa: non credo che il Sir sia in ristrettezze economiche e quindi non mi spiego perché, a pochi mesi di distanza dall’emissone di McCartney III , si sia sentita l’urgenza di affidare il lavoro a più o meno noti per remixare o reinterpretare un lavoro che proprio nella povertà espressiva data dal lockdown aveva una sua ragione di essere, ovvero un’operina bucolica tra le mura…
Macca non è nuovo a queste trovate. Ad esempio di New uscì un cofanetto molto ricco di inediti e varie e di Egypt Station prima un’edizione a fisarmonica e poi un doppio, anch’esso con diverse chicche, entrambi a meno di un anno dall’uscita degli omonimi. Viene quindi da pensare che quando esce un album di McCartney convenga aspettare poco per averlo in edizion deluxe (evento accaduto anche con l’ultimo lavoro dei fratelli Eno, a dimostrare che non solo nel mainstream si cerchi il lucro).
I nuovi interpreti
Affidare l’apertura al remix di Beck è mossa astuta. Find My Way diventa patrimonio nelle mani del loser per eccellenza per la sua grammatica funk, ma già con Kiss of Venus affidata a Dominic Fike rischio mi saltino i nervi per la sua urticanza vocale e produttiva, anche se pare Paul abbia gradito. Khruangbing, combo houstoniano, se non altro riportano Pretty Boys in territori simili alle esperienze Fireman di Mac, un pò di dud e un po’ di elettronica anni 80 ma per fortuna arriva St. Vincent che trasforma Women and Wives in un episodio trip hop spettrale e, a mio avviso, ci guadagna in atmosfere ma si sa, Anne è una piccola grande Re Mida e il suo solo di chitarra è degno di Screamin Jay Hawkins.
Deep Down è sottoposta al trattamento Blood Orange, quasi vapor, la fluidità dell’esposizione sonora è ammirevole, una delle cose più interessanti, mentre Phoebe Bridges si occupa di reinterpretare Seize The Day con interessante piglio white album. Macca riprende fiato e si lancia quindi in una Slidin’ remixata da Ed O’Brian dei Radiohead con piglio helterskelteriano e quindi arriva il buon Damon Albarn a rivestire Long Tailed Winter Bird con un abito retrohop, quasi un episodio apocrifo a cifra Gorillaz.
Paul McCartney – McCartney III Imagined: e alla fine il risultato c’è
Lavatory Lil in mano a Josh Homme prende il blues e lo spoglia del superfluo per riportarlo alle sue roots più scarne ed efficaci. Arriva poi When Winter Comes affidata alla sartoria aurale di Anderson .Paak, un buon compito con qualche traccia addirittura dubstep… La conclusiva Deep Deep Feling è remixata da Bansky, no, pardon, da Robert Del Naja con un bel piglio techno che si dipana su 11 minuti di esperimenti e loops e su queste note si conclude il nuovo album di Paul McCartney dopo che mesi fa avevamo avuto la possibilità di acquistare le demo… O forse non è andata proprio così.
Per questioni di buon gusto avrei evitato il titolo di aggiungere al titolo quell’Imagined che richiama tutti sapete chi…
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