Peter Murphy - Silver ShadeSilver Shade

Dopo undici anni dal  disco precedente (e dopo  la reunion dei Bauhaus) ecco il ritorno di Peter Murphy.

Sono undici gli anni che separano il nuovo lavoro di Peter Murphy dal precedente Lion (profetico?), e si arriva ora a questo Silver Shade. In mezzo, la reunion con i Bauhaus, con tanto di brano-collage in epoca pandemica, i suoi problemi di salute e personali, e qualche sporadica emissione tra cui la traccia qui inclusa a chiusura dell’album, in coppia con l’inaspettato (mica tanto, visto che anche Anohni lo aveva già chiamato per un duetto…) Boy George.

Confessando che il Murphy solista, a parte l’esperienza come Dali’s Car con il mai troppo compianto Mick Karn, non mi ha mai davvero travolto — pur riconoscendogli una voce tra le più impressionanti, da Bela in su — e spesso non supportata da un songwriting veramente efficace e talvolta di difficile tollerabilità, ammetto che Silver Shade è invece un lavoro solido a 360°, e quindi una piacevole sorpresa.

Composto a quattro mani con Youth (sì, proprio quello dei Killing Joke e con Paul McCartney nel curriculum, per dire), come il precedente album, Silver Shade si dipana tra culture diverse (pure club…), in cui le tante anime del crooner trovano una soluzione di continuità coerente. E spesso ci si balla anche, come se fossimo nuovamente nel Batcave — un po’ più ingrassati, molti senza più capelli, troppa lacca in tempi goth.

Le canzoni di Silver Shade

Dodici pezzi, ognuno con la propria ragione d’essere: molta elettronica sapientemente distribuita, ma anche episodi più riflessivi, acustici e orchestrali, con dosi di bowianesimo quanto basta per confermare una tenuta vocale che sfida l’anagrafe.

Si parte con la già nota Swoon, uscita per San Valentino, in coppia con Trent Reznor, sodale di vecchia data. Si entra subito nell’atmosfera che caratterizza la prima parte del disco: beat sostenutissimo, sferzate lunghe nove pollici, ruffianissima ma potente, non a vuoto. Non è da meno Hot Roy, con quel sequencer moroderiano che si sposa bene con chitarre darkissime, a tratti killingjokiane. Sherpa è un altro episodio ben strutturato, un ibrido elettronico-gotico con gran ritornello: altra potenziale hit. E qui inizia a farsi strada l’idea che il tempo si sia fermato. Per alcuni è un bene; gli altri evitino.

La title track è una ballatona. Le provocazioni vocali sono marchio di fabbrica Bauhaus e l’inciso celebra, ancora una volta, una radice glam mai dimenticata. The Artroom Wonder è uno dei vertici: mi ha ricordato Fad Gadget — e chi non lo ricorda, che l’ipoacusia lo colga. Con The Meaning of My Life entriamo in uno scenario più dimesso: il ritmo si fa più lento e la ascolterei volentieri come sigla del prossimo 007. Il mood prosegue con Xavier New Boy: certo, alle aperture orchestrali di Youth bisogna essere abituati, e la base ricorda stranamente Profondo rosso…

Conchita Is Lame è una bella canzone, trasudante caloriche passioni. Ottima progressione: altro singolo che funzionerebbe tanto oggi quanto trent’anni fa. Soothsayer è cafona quanto basta, con una robusta esposizione metallara: occhio all’headbanging — che, a una certa età, poi viene da svenire.

Time Waits parte con una schitarrata spagnoleggiante e sposa poi una melodia mediorientale, ereditata dalla lunga permanenza di Murphy in Turchia: gran canzone. The Sailmaker’s Charm ha un beat modernissimo e soffuso, che poi esplode in una grandeur commovente, alla Rock’n’Roll Suicide.

Si chiude con il duetto con Boy George, Let the Flowers Grow: meno scontato di quanto ci si potesse aspettare, leggermente ieratico, già pubblicato tempo fa, quindi una sorta di bonus non classificato, a chiusura di un lavoro assai efficace — anche se poco coerente col contesto generale.

Che dire? L’accoppiata Murphy–Youth, questa volta, fa centro pieno. Si arriva alla fine con la voglia di far ripartire tutto da capo — e di questi tempi è già moltissimo. Per il resto, l’effetto nostalgia ha sì il suo peso, ma non sul sottoscritto, che aspetta ancora che i migliori ricordi debbano avvenire, e intanto si pasce di un ascolto goduto.

Peter Murphy - Silver Shade
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Collaboratore per testate storiche (Rockerilla, Rumore, Blow Up) è detestato dai musicisti che recensisce e dai critici che non sono d'accordo con lui e che , invece, i musicisti adorano.

Di Marcello Valeri

Collaboratore per testate storiche (Rockerilla, Rumore, Blow Up) è detestato dai musicisti che recensisce e dai critici che non sono d'accordo con lui e che , invece, i musicisti adorano.

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