Physalia – OniriaOkum

Il debutto di Arianna Pegoraro, in arte Physalia, ha un titolo programmatico: Oniria

Poche volte il titolo di un album è stato così “parlante” ed evocativo del contenuto – e della forma in cui esso si estrinseca – come in questo caso: marcatamente oniriche sono infatti le atmosfere disegnate dalla giovane pianista e cantautrice friulana Arianna Pegoraro, in arte Physalia, per questo suo esordio discografico intitolato Oniria. Anche il moniker dietro il quale la medesima si nasconde evoca in qualche modo un mondo di sogni e, per esplicita dichiarazione dell’interessata, da un sogno ha origine. Physalia è infatti il nome di un organismo marino composito, una specie di polipo dalle sembianze di una medusa con tentacoli velenosi lunghi fino a 50 metri e l’autrice afferma di aver avuto l’ispirazione per la scelta del nome dopo aver fatto un sogno in cui veniva punta da una sorta di medusa.

I collaboratori, i testi, le atmosfere del disco

Il disco si avvale della preziosa collaborazione di Nicholas Remondino e Manuel Volpe, che ne sono anche i produttori, ed è tutto giocato su un costante dialogo tra un piano minimale e martellante – in realtà solo apparentemente “ripetitivo” – e un uso piuttosto sobrio dei sintetizzatori, sullo sfondo di una batteria “liquida” che colloca l’insieme in una dimensione, per così dire, acquatica. I testi si sposano assai bene con la musica presentando tutti una nota abbastanza marcata di malinconia, dovuta spesso alla difficoltà di dispiegarsi nella propria interezza di esseri umani e di farsi comprendere e accettare come tali da quelli che ci circondano. Esemplare a questo proposito Invisible dove, dopo essersi dichiarata “lost in fear”, Physalia si lascia andare a una domanda che è anche una esplicita richiesta di aiuto: “can you see me, can you hear me?”.  Non mancano peraltro momenti più “solari” e improntati alla speranza di raggiungere una tranquillità interiore.

Otto canzoni

Tra gli otto brani di un disco che spicca anche per la sua coerente unitarietà segnaliamo Devoured By The Sun, in cui la presa d’atto della durezza della realtà si fonde con scenari marcatamente onirici, e On My Walls, introdotta da un piano minimale alla Wim Mertens, che richiama tematiche simili.

In Phosphenes sono piuttosto le percussioni a farsi delicatamente martellanti e a prendersi la scena a dispetto del piano, che resta in sottofondo. Il brano finale, Nekyia, è una lunga e viscerale improvvisazione per sola voce con la quale l’artista attraverso la discesa nelle profondità della propria psiche sembra andare alla ricerca dell’interezza della propria dimensione umana.

Physalia – Oniria: un’opera prima che lascia ben sperare

Pur essendo un opera prima il disco si presenta già con un più che soddisfacente livello di maturità, ben sostenuto da una strumentazione e da arrangiamenti minimali ma non banali, comunque strettamente funzionali al “messaggio” che Physalia sembra voler trasmettere.

Altrettanto funzionale la voce dell’interprete, con tonalità che ricordano Fiona Apple e, forse ancor di più, la PJ Harvey più “intimista” – per intendersi, quella di White Chalk – spesso affiancata assai bene dai cori dei suoi collaboratori. Buona la prima e la attendiamo alle successive prove.

Physalia – Oniria
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“Giovane” ultrasessantenne, ha ascoltato e ascolta un po' di tutto: dalla polifonia medievale all'heavy metal passando per molto jazz, col risultato di non intendersi di nulla! Ultimamente si dedica soprattutto alla scoperta di talenti relativamente misconosciuti.

Di Renzo Nelli

“Giovane” ultrasessantenne, ha ascoltato e ascolta un po' di tutto: dalla polifonia medievale all'heavy metal passando per molto jazz, col risultato di non intendersi di nulla! Ultimamente si dedica soprattutto alla scoperta di talenti relativamente misconosciuti.

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