I Pixies di Beneath the Eyrie al di là dei pregiudizi.
C’è qualcosa di misterioso – morboso, persino – nell’accanimento di buona parte della stampa specializzata nei confronti dei ‘nuovi’ Pixies, quelli che sono ripartiti ormai diverso tempo fa e ora pubblicano Beneath the Eyrie. Chi scrive si è fatto un’idea – un po’ scema, un po’ rubacchiata a Jonathan Lethem (*) – della ragione di tale ostracismo.
I Pixies con Kim Deal…
L’idea è la seguente: quei detrattori sono tutti innamorati di Kim Deal e odiano Black Francis/Frank Black. Kim era la bassista dei Pixies negli anni d’oro, aveva poi partecipato alle prime fasi, solo concertistiche, della reunion salvo uscire di scena prima che nel 2013 iniziasse la seconda vita discografica della band. E di sicuro la colpa era stata tutta di Black Francis che di Kim è sempre stato invidioso o ora può essere leader unico e incontrastato della formazione. Ma senza la (ex) ragazza dagli occhi sottili niente magia, niente attrito creativo. Per far suonare il basso a chi poi? A una tipa carina ma scialba come Paz Lenchantin, nata in un paese per niente rock come l’Argentina…
Tutto questo è ovviamente una stupida fantasia. Eppure è vero che c’è un inspiegabile rancore nei confronti dei Pixies fase 2. Come già scritto nella recensione del precedente Head Carrier l’impressione è che nessuno ascolti davvero i loro album recenti. Ed è un peccato.
…e i Pixies di oggi
Beneath The Eyrie inizia in modo spettacolare con In The Arms of Mrs. Mark of Cain e il suo andamento che mischia roboante rock FM fine anni ’70 e colonne sonore bondiane. Il resto del disco viaggia veloce fra cinismo (On Graveyard Hill), storie ‘gotiche’ (Catfish Kate) e una piacevole varietà di stili accomunabili in un approccio d’insieme definibile come dark-pop. This Is My Fate oscilla fra Tom Waits e Pere Ubu, Bird Of Prey avvicina Nick Cave e un paio di momenti mostrano una curiosa dimensione ‘cantautoriale’ (Ready for Love, Silver Bullet). Non è niente male anche l’epica-funerea Los Surfers Muertos cantata e co-firmata dalla vituperatissima Paz Lenchantin.
Chiaro che qualcosa suona demotivato (Daniel Boone) o risaputo (Long Rider) ed è indiscutibile che la seconda parte cala d’intensità. Quanto a St. Nazaire, è la cosa più vicina al suono iperteso dei classici Surfer Rosa e Doolittle, ma qui suona fuori settore, come fosse eseguita per onor di firma.
Forse la cosa più interessante è che Beneath the Eyrie è il disco in cui i Pixies onorano di più il loro follettesco nome con uno stile al tempo stesso favolistico e cattivello. Ovviamante con Black Francis nelle vesti del bowiano Laughing Gnome che se la ride proprio dei nostalgici di Kim Deal.
(*) Nel 2000 Jonathan Lethem scrive un articolo per il sito Open Letters intitolato Not A Go-Betweens piece: A letter from Jonathan Lethem, on his favorite band. Nel pezzo Lethem spiega che non avrebbe recensito il disco della reunion della band australiana, The Friends of Rachel Worth per via dell’assenza nella formazione della storica batterista Lindy Morrison. Secondo Lethem la grandezza dei primi Go-Betweens stava in un triangolo sentimentale fra Lindy e i due compositori del gruppo, Grant McLennan e Robert Forster. Assente lei anche la magica tensione creativa fra Forster e McLennan era destinata a scomparire.
Del pezzo non si trova traccia in rete. In Italia è stato pubblicato nel volume Rock, pop, jazz e altro – Scritti sulla musica (Guanda, 2001), a cura di Nick Hornby.
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